Ballottaggio a Darfo: tra numeri e illusioni

Il primo turno delle elezioni comunali di Darfo Boario Terme ha un solo grande sconfitto: il centrodestra guidato da Francesca Benedetti. Nonostante due liste a suo sostegno e dunque - rispetto agli avversari - il doppio dei candidati consiglieri schierato a caccia di preferenze. Nonostante un trascinamento nazionale potenzialmente favorevole, specie per la lista di Fratelli d'Italia. Nonostante un bacino elettorale di area centrodestra storicamente ben consistente a Darfo Boario Terme (54% dei voti alle ultime Politiche, tanto per intenderci). Nonostante simboli dei partiti e nomi dei leader - da Salvini a Berlusconi - ben piazzati nei vessilli elettorali. 

La Benedetti non è andata oltre quota 2.091 (29,1%). 71 voti in meno rispetto a quelli raccolti dalle liste a suo sostegno, indice quindi di un voto disgiunto a favore di Colossi che le è stato fatale nella corsa al fotofinish per l'accesso al ballottaggio. La lista di Fratelli d'Italia si è fermata al 6,5%: nella città che negli anni '90 fu a lungo amministrata dall'ex missino Luigi Pelamatti, colpisce che le urla di Giorgia Meloni non abbiano sortito alcun effetto.

Inutile negare che anche il risultato conseguito da Paola Abondio sia stato sotto le attese: 2.149 voti (29,9%). A livello personale 28 voti in più rispetto a quelli raccolti dalla Civica a suo supporto. Una delusione che deriva dal confronto con le ultime tornate amministrative: il 51% ottenuto da Mondini cinque anni fa (per non parlare del 59% del 2012). Il consenso per la Civica stavolta non sembra essere andato oltre i confini stretti dell'area storicamente orientata sul centrosinistra: prendendo come riferimento le ultime elezioni europee, con un livello di affluenza simile, sommando i voti dei vari partiti del "campo largo" si arriva infatti a quota 2.423.

È indubbio quindi che dietro il 39,3% di Dario Colossi ci sia il desiderio di tanti elettori di manifestare una voglia di cambiamento. Un vento simile a quello che, su scala nazionale, portarono molti a ingrossare le fila (e l'ego smisurato) di Matteo Renzi, o, qualche anno più tardi, a decretare il trionfo del Movimento 5 Stelle. Trasversalità ideologica esibita e indubbie doti comunicative i principali ingredienti di una ricetta che si ripete, con qualche diversità di sapore, ma all'atto pratico con risultati ahinoi davvero indigesti.  

Il sindaco uscente Ezio Mondini nelle scorse settimane ha rilasciato una bella intervista al nostro Andrea Bonadei (la trovate sull'ultimo numero di Graffiti). A proposito del rapporto tra politica, amministrazione comunale e sovracomunale, fa affermazioni su cui penso valga la pena riflettere: «Manca la formazione alla politica, mancano dei riferimenti ideali. Oggi c’è grande tendenza a pescare brave persone nei paesi, a creare liste civiche che si dichiarano lontane da ogni riferimento, ma sul livello sovracomunale questo produce discussioni sterili ed immature, perché non c’è la logica di sviluppo di un comprensorio che può crescere insieme, non solo per convenzionamenti di servizi, ma anche per grandi scelte di indirizzo che sono politiche. Qualcuno può pensare che non si avanza perché si contrappongono grandi classici schieramenti, ma oggi in Valcamonica abbiamo un governo ancora più largo del “Governo Draghi” e talvolta la mancanza di voci discordanti rende i processi poco democratici e molto banali. La prima proposta avanzata da uno viene presa per buona: “chel che te fe tè al me à be”. C’è un approccio molto delegante e pragmatico, che si concentra su soluzioni tecniche fattibili, non su quelle più giuste. Non rimpiango le assemblee fiume degli anni ‘70 in cui lo scontro era per etichette in base alla spilla di partito, ma neppure questo appiattimento è funzionale».

La crisi dei partiti rende inevitabile, direi doveroso, attingere a piene mani all'associazionismo, al civismo, al volontariato nella formazione delle liste. Ma un conto è dichiararsi "a-partitici", altro conto è pretendere, o fingere, di essere "a-politici". Perché quest'ultima non è che un'illusione, a beneficio di se stessi e degli elettori. A definire ciascuno di noi, tanto più chi amministra il bene pubblico, è sì la propria storia, professione, famiglia, ma anche e soprattutto il proprio bagaglio di ideali e valori, le scelte che si compiono, le alleanze che si mettono in campo.

Fa un po' sorridere che a passare per campione di civismo, innovazione e "un pizzico di sana follia" (per citare la brochure di "Progetto Vero") sia uno, come Dario Colossi, che dell'amministrazione e del marketing politico ha fatto - legittimamente - la sua professione. E di contro Paola Abondio rischi di passare per l'emblema della conservazione, della partitocrazia e dei burocrati di Breno (non arriviamo a quelli di Bruxelles). Quando è tutto l'opposto: vi basti il ritratto che scrisse per Graffiti Mariella Minini quando Paola Abondio qualche anno fa si candidò - a proposito di coraggio, generosità e chiarezza di ideali - in una lista civica a sostegno di Umberto Ambrosoli candidato alla presidenza della Lombardia.

I risultati del 12 giugno ci dicono che 669 voti separano Paola Abondio da Dario Colossi. La partita è ancora aperta!

Michele Cotti Cottini