Parco tra realtà e disinformazione

La proposta di alzare la quota del Parco dell'Adamello a 1600 m non è stata nemmeno discussa durante l'animata assemblea del 28 luglio 2025 (e nemmeno quella, assai più audace, di spostare il confine a 3500 m di quota). 

Si è parlato invece di "riperimetrare" il Parco attorno ai paesi: vedremo concretamente cosa significa. 

In compenso molte voci si sono levate contro i "lacci e lacciuoli" imposti dal Parco

Ma è davvero così? Ripubblichiamo un articolo uscito sul n. 331 di Graffiti, dove la redazione ha cercato di fare un po' di chiarezza su quali siano i vincoli effettivamente dovuti alla presenza del Parco (spoiler: pochi), e quali invece ci sarebbero comunque (spoiler: tanti).

L'articolo parla ancora della proposta di limitare il territorio del parco sopra la quota a 1600 m (perché a maggio, effettivamente, quella era la proposta che circolava, mai tradotta, per fortuna, in atti), ma le riflessioni fatte ci sembrano utili anche per l'attuale fase del dibattito

Per chi poi avesse ancora interesse ad approfondire:

 

Parco dell'Adamello: tra fake news e dati reali 

Si può reagire alla dichiarazione di amministratori locali della Lega, che propongono la riduzione della superficie del Parco Regionale dell’Adamello, considerandola una ‘sparata’ o un ‘pesce d’aprile’ uscito a maggio; oppure ci si può sforzare di prendere sul serio questa proposta, analizzare le ragioni portate dai firmatari e vedere cosa c’è di reale. Proviamoci.

L’idea della Lega (anche se oggi tutti sembrano far finta che sia stata una battuta, ndr) è portare il limite del Parco a quota 1.600 metri sul livello del mare, fondamentalmente per ridurre i vincoli e limiti burocratici e “restituire margini di vivibilità” a chi abita la montagna. 


 

Se è vero che alcuni vincoli sono oggettivamente introdotti dallo status di area protetta, non si devono confondere le cose e sembra solo facile retorica scaricare sul Parco una serie di vincoli e responsabilità che del Parco non sono: vi sono limiti dei Piani di Governo del Territorio di ogni Comune a prescindere dal parco e quelli derivati dalla Legge Regionale 31/2014 per la riduzione del consumo di suolo, per dire. 

Si noti soprattutto che il limite dei 1.600 metri proposto non è casuale: il tentativo – tanto patetico quanto maldestro - sembrerebbe quello di eliminare dal territorio il vincolo paesaggistico per evitare che le pratiche edilizie (che tanto stanno a cuore agli attuali amministratori comprensoriali) vadano in Soprintendenza; ma colpisce la mancata conoscenza delle normative vigenti e del territorio mostrata da chi porta avanti questa genialata: l’eliminazione del Parco dell’Adamello vedrebbe comunque permanere il vincolo paesaggistico di cui al D.Lgs 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) in tutte le aree boscate, in ampie fasce di rispetto intorno ai laghi, ai fiumi, ai torrenti e ai corsi d’acqua, nelle zone umide, nelle aree di interesse archeologico, nei siti che possiedono un valore estetico e tradizionale, in presenza di bellezze panoramiche e di punti belvedere, etc

Tutto questo per dire che, in assenza del Parco, il vincolo paesaggistico resterebbe comunque in vigore nel 90% del territorio al di sotto del 1.600 metri di altitudine (che coincide con il limite al di sopra del quale, ovunque sulle Alpi, scatta il vincolo paesaggistico). Viene dunque legittimo supporre che la sparata leghista derivi esclusivamente dalla necessità di mettersi in mostra e far parlare di sé in presenza del più totale ed imbarazzante vuoto di idee e buoni progetti che gli amministratori della Comunità Montana stanno mostrando sulla gestione non solo del Parco ma, più in generale, di tutta la Valle. 

Un ulteriore aspetto di confusione generata da chi queste cose le dovrebbe sapere, è dichiarare che il Parco non ha ottemperato al suo ruolo di volano per lo sviluppo economico.
Innanzitutto, la Legge Regionale n. 79 del 16 settembre 1983 che istituisce il Parco Regionale dell'Adamello indica gli obiettivi di quest’ultimo in questi termini:

  •  tutelare la biodiversità, conservare ed incrementare le potenzialità faunistiche, floristiche, vegetazionali, geologiche, idriche, ecosistemiche e paesaggistiche dell’area;
  • garantire un uso dei suoli e dei beni compatibile con le sue qualità naturalistiche;
  • tendere alla conservazione e ricostruzione dell’ambiente;
  • realizzare l’integrazione tra uomo e ambiente naturale mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici, architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;
  • promuovere e disciplinare la fruizione dell’area a fini scientifici, culturali, educativi e ricreativi.

Come si vede, un Parco non ha esattamente e direttamente un obiettivo di sviluppo economico.
Il tentativo di attribuire al Parco dell’Adamello (che non è un soggetto giuridico ma un’area geografica, essendo la sua gestione da sempre in capo alla Comunità Montana) “prerogative socio-economiche” è addirittura grottesco: la Comunità Montana di Valle Camonica, infatti, non ha mai approvato il proprio Piano di Sviluppo Socio Economico, di cui era tenuta a dotarsi in base Legge Regionale 27 giugno 2008, n. 19 su “Riordino delle Comunità montane della Lombardia, disciplina delle unioni di comuni lombarde e sostegno all'esercizio associato di funzioni e servizi comunali”, in particolare art. 5 c. 1 lett. c), art. 8 c. 1 e c. 2, art. 11 c. 1 lett. d) ed infine art. 24 c. 1. Non smettete di leggere e scusate il ‘burocratese’: cioè che intendo dire è che la nostra CM non si è mai dotata dello strumento di programmazione territoriale più importante di ogni Comunità Montana, che avrebbe dovuto integrare a livello locale le azioni più opportune per lo sviluppo e il progresso del territorio messe a punto dagli strumenti di programmazione e dai finanziamenti. 

Il perché di questa gravissima mancanza è forse da ricercarsi nel fatto che è sembrato prevalere, più che una visione complessiva e di comprensorio, il piccolo cabotaggio di ciascun sindaco a favore del proprio Comune. 

Va ricordato anche che da sette anni il ceto politico camuno (di ogni colore) non ha più nominato una figura aggiuntiva di direzione del Parco dotata di uno staff e di risorse adeguate. Insomma: proprio coloro che avrebbero dovuto definire e promuovere lo sviluppo economico della Valle mediante disposizioni che la legge prevede come mandato delle Comunità Montane, ora scaricano sul Parco la colpa di non aver promosso lo sviluppo economico: dalle nostre parti si dice ‘rigirare la frittata’ ma resta una contorsione patetica. 

Il disinteresse colpevole ad una programmazione di comprensorio sembrerebbe legato, oltre che ad un generale scadimento culturale e morale nel nostro Paese a tutti i livelli, alla legge regionale di riordino che ha messo le Comunità Montane in mano a Sindaci, escludendo i partiti e la partecipazione delle forze sociali che in qualche modo potevano esercitare un bilanciamento verso visioni di più lungo respiro e di carattere comprensoriale.

Ovviamente, una visione dinamica delle aree a protezione ambientale che superi il ‘conservazionismo puro’, punta anche a generare riflessi sulla generazione di reddito, di sensibilità e di marketing territoriale.
E infatti non va dimenticato tutto ciò che il Parco, negli anni, ha investito sulla crescita culturale di intere generazioni di studenti (sono circa 10.000 all’anno!) grazie ad una programmazione di attività di educazione, formazione informazione ambientale e scientifica di altissimo livello, che ne fanno un’eccellenza a livello regionale e non solo. 

Per non parlare  le numerose famiglie e imprese di giovani camuni che lavorano (e non emigrano) grazie alle attività didattiche, escursionistiche, informative e turistiche organizzate e finanziate dal Parco; ricordando anche il progetto di rinaturalizzazione delle sponde del fiume Oglio e a quello della Ciclovia, che si affiancano alle attività reintroduzione e rinforzo di specie faunistiche (stambecco, capriolo, camoscio, marmotta, gambero di fiume etc.) e monitoraggio di tante altre (aquila reale, galliformi, orso, lupo etc.). 

Questi aspetti del Parco hanno un valore inestimabile!  
Da quando è stato istituito nel 1983, i finanziamenti giunti in Valle grazie alla presenza del Parco dell’Adamello sono stimabili in circa 48-50 milioni di euro. Sono pochi? Sono tanti? Si consideri che, perlomeno nei migliori anni, alle risorse erogate da Regione Lombardia per le spese correnti, si sono aggiunti almeno il doppio di fondi ottenuti su progetti specifici, sia dal gettito pubblico che da enti privati: prendendo ad esame l’anno 2015, per dire, ai poco più di 500mila euro di contributi correnti di Regione Lombardia a Comunità Montana come ente gestore, in base alla legge 86/83, si sono aggiunti un milione di euro di finanziamento di Fondazione CARIPLO e della stessa regione per i ‘progetti emblematici’.

Tutto questo sembrano ignorare i promotori di questa iniziativa, tra cui spicca l’attuale assessore al Parco di Comunità Montana, Bernardi. Il quale è già stato  assessore al Parco per ben 5 anni degli ultimi 15: persona informata dei fatti e responsabile di decisioni. Se quindi si deve parlare, come fanno i signori della Lega, di “fallimento” del Parco gli unici responsabili sono da ricercarsi proprio lì negli amministratori della Comunità Montana che, negli anni, si sono succeduti nelle diverse Giunte. Segnaliamo la gravità di un decisore politico che assume la responsabilità di gestire un ambito strategico, come è appunto il Parco, che si fa portavoce di una proposta che ne ridurrebbe fortemente la superficie e la funzionalità (si pensi al ‘corridoio ecologico’ generato dalla continuità tra Parco nazionale Adamello-Brenta, Parco Regionale Adamello e Parco Nazionale dello Stelvio, che con la riperimetrazione verrebbe a interrompersi). 

Attualmente, circa il 25% della superficie della Lombardia ha uno status di protezione ambientale: poco meno del 5% sono aree protette secondo le norme nazionali, e più del 19% tutelate dalla legislazione regionale.  L’Italia e la Lombardia si sono impegnate in uno sforzo di tutti i Paesi dell’Unione Europea ad aumentare il territorio tutelato per raggiungere il 30% nel 2030. Non per una imposizione dei cattivoni di Bruxelles, ma perché il mancato “equilibrio tra tutela ambientale e sviluppo” degli ultimi decenni, con un eccesso di cementificazione, di inquinamento e di degrado di risorse naturali non rinnovabili, ha portato a peggiorare la qualità della vita delle persone. Dobbiamo oggi rallegrarci di avere vicino a noi delle aree preziose che forniscono servizi eco sistemici indispensabili alla vita, alla salute e al benessere di ciascuno di noi e costituiscono un patrimonio inestimabile, anche e non ultimo monetizzabile in termini di modalità di turismo che siano realmente compatibili con la conservazione del suolo, degli elementi naturali e del paesaggio e non, al contrario, operazioni speculative a vantaggio di pochi magari “verniciate di green”.  

Non sappiamo se questa bizzarra proposta andrà avanti o verrà fatta cadere “per decenza” (sembra che sia prevalsa la seconda ipotesi, ndr) dalla stessa Regione Lombardia. Così ci auguriamo. Ma pensiamo sia comunque necessario stimolare il dibattito e far sapere agli amministratori locali che decisioni sulle oasi di naturalità che ancora circondano le nostre vite andranno presentate e forse messe a referendum tra la popolazione di tutta la Lombardia, perchè il Parco regionale Adamello è un patrimonio di tutta la popolazione lombarda e non di pochi politici. 

Perché l’equazione Parco = vincoli è una sciatta e poco generosa caricatura.  

La Redazione di Graffiti