American dream in frantumi con la restrizione dell’aborto

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Gli aborti continueranno ad essere fatti. Semplicemente, non saranno sicuri o legali. Qualsiasi sia la legge, la situazione o il Paese, le donne continueranno ad abortire. Qualsiasi sia il motivo che le spinge a farlo.

L’American dream si è frantumato in mille pezzi: qualche giorno fa è stata pubblicata la bozza di una decisione della Corte Suprema che sembrava ribaltare la sentenza che dal 1973 garantisce l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale negli Stati Uniti. Un passo indietro di quarantanove anni. Il presidente della Corte, John Roberts, ha poi confermato l’autenticità della bozza, certificando in sostanza che la Corte si prepara a restringere l’accesso all’aborto in tutto il paese. I democratici e una serie di associazioni hanno cercato di capire cosa poter fare per continuare a sostenere il diritto all’aborto, ma le possibilità a loro disposizione sono veramente poche.

Cosa significa prendere una decisione di questo tipo? Togliere, ancora una volta, il diritto delle donne di decidere sul proprio corpo, sulla propria vita.
La storia è sempre quella: sarà un gruppetto di uomini a decidere le sorti delle donne, imponendo loro la maternità. Nel 2022 non dovremmo più trovarci a discutere dei diritti civili, il loro riconoscimento dovrebbe essere dato per scontato. Non dovremmo più riflettere su quanto sia giusto o meno far scegliere alle donne se diventare madri, my body my choice, dicono le attiviste.

Com’è la situazione americana? Cosa dice la legge?
Negli Stati Uniti l’aborto è legale a livello federale grazie alla storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, ma non c’è una legge unica che ne stabilisce le modalità. Ciascuno stato può regolarsi come ritiene, nei limiti della sentenza: è la ragione per cui ormai da anni l’aborto è teoricamente legale ma di fatto estremamente limitato in alcuni stati saldamente governati dai Repubblicani.
Sulla carta il modo più semplice per garantire il diritto all’aborto a livello federale sarebbe approvare una legge apposita. I cori “fate qualcosa, Democratici!” gridati martedì davanti all’edificio della Corte Suprema sono rieccheggiati fin dall’altra parte del mondo.
Perché - diciamocelo - non è che se un fatto non riguarda noi in prima persona allora possiamo fare finta di nulla. I diritti delle donne sono diritti umani, non possiamo più lasciare che siano solo le dirette interessate a battersi per il rispetto di quei principi fondamentali che dovrebbero essere riconosciuti loro.
E poi dobbiamo ammetterlo, non è che l’Italia se la passi molto bene: l’aborto è legale ma 7 ginecologi su 10 si rifiutano di praticarlo. La questione italiana era stata approfondita qualche settimana fa sul nostro blog: Emergenza nell’emergenza: abortire in pandemia non era un diritto. (associazionegraffiti.blogspot.com)

Scrive Politico «il peso della risposta di chi intende proteggere il diritto all’aborto ricadrà sui gruppi di attivisti che stanno aprendo cliniche apposite nei pressi degli aeroporti e dei confini statali, creando canali per distribuire pillole abortive negli stati in cui sono state vietate o lo saranno, e raccogliendo milioni di dollari per aiutare le donne che sono obbligate a uscire dal proprio stato per abortire».
Nel 2022 nessuna donna dovrebbe più espatriare per abortire. Risuonano le parole del Canzoniere femminista: "o è un figlio per lo Stato/o è aborto ed è reato". Era il 1974.

Maria Ducoli