Il fantasma dell'8 marzo

8 marzo 1911: un gruppo di operaie di una industria tessile a New York, sciopera contro le terribili condizioni di lavoro; per stroncare la protesta, i proprietari chiudono i portoni impedendo alle lavoratrici di uscire dalla fabbrica. Un incendio divampa per ragioni non chiare e muoiono 134 operaie. 
8 marzo 2017: le bambine e ragazzine assegnate ad una struttura di recupero di minorenni con problemi con la legge, in Guatemala, inscenano una protesta contro le vessazioni e gli abusi; gli operatori dall’esterno chiudono gli accessi, ma un incendio divampa e 41 adolescenti muoiono arse vive senza poter trovare scampo. 
Cento anni di distanza, e un filo unisce questi tragici avvenimenti, una striscia di fuoco che passa anche per le tante donne ustionate, sfigurate con l’acido, carbonizzate da chi doveva amarle o proteggerle.  
New York, Guatemala: il fatto che le due stragi siano avvenute proprio l’8 marzo, celebrata come “la giornata internazionale della donna” appare solo una fortuita coincidenza, o una tragica beffa.
Come una assurda incongruenza è il fatto che la struttura per minorenni in difficoltà, in Guatemala, si chiamasse “Hogar Seguro” (casa sicura), quando ancor prima che gran parte delle sue ospiti perissero in quel modo orribile, venivano segnalati maltrattamenti, violenze e un sospetto di connivenza con le reti della tratta, a carico degli educatori. A prescindere da queste denuncie, restate sempre inascoltate e disattese per anni, si pensi che il centro aveva una capienza massima per cinquecento ospiti, mentre al momento dell’incendio ne erano presenti ottocento. Il tragico episodio, e il corollario di menzogne, “scarica-barile”, tentativi di minimizzare o di responsabilizzare le ragazzine, hanno sconvolto la società guatemalteca. Quarantuno croci sono state collocate nella principale piazza della capitale, Ciudad de Guatemala, che per la gente non è più “Plaza de la Constitución”, un classico e retorico emblema del documento alla base dello Stato-Nazione, ma “Plaza de las niñas”: piazza delle bambine, per ricordare che lo Stato ha fatto morire quarantun ragazzine su cui doveva vigilare.  
Un simbolico fuoco viene acceso da un sacerdote Maya una volta al mese nella “Plaza de las niñas” al centro del cerchio di piccole croci, per conservare il ricordo e l’energia di quelle bambine che scappando da famiglie precarie, uomini violenti e strutture disumane, si sono spinte troppo in là incontrando la morte, ma che ancora chiedono giustizia.

Piero Confalonieri