La partita che non abbiamo vinto

23.59 di una domenica destinata ad entrare nella storia. Allo stadio di Wembley risuona un grido di gioia che poi, portato dalle folate della brezza estiva, raggiunge tutta l’Europa. Arriva persino in Valle, quel posto che tanto spesso abbiamo definito “dimenticato da Dio”, ma che sicuramente non è stato dimenticato dal Covid. I festeggiamenti per la vittoria degli europei affollano strade e piazze: Darfo cerca di dormire sotto i fuochi d’artificio, Lovere vede il tricolore specchiarsi nelle acque del lago. L’elenco potrebbe continuare. Si esulta, ci si abbraccia, si festeggia una partita vinta con un’altra, ben più importante, ancora da vincere. 
Chi contesta è noiso e moralista, accusato di alto tradimento prima ancora di finire di parlare. Guardando immagini e video postati sui social un brivido scorre lungo la schiena: domani i casi aumenteranno, così come i giorni successivi: è inevitabile. 
Si festeggia, tutti insieme. Nel frattempo le corsie degli ospedali restano vuote e i pazienti soli. Le visite non sono ancora consentite, neanche con il green pass o con un tampone negativo. Da un anno e mezzo, i malati sono lasciati soli in stanze asettiche, a guarire o morire in solitudine. Ci si può abbracciare sotto un tricolore, ma non si può stringere la mano di qualcuno che sta lottando contro una malattia. 
Durante la settimana è arrivata la notizia della chiusura del grest di Vezza d’Oglio, il giorno dopo è toccato a quello di Breno. I centri estivi, a poco a poco, si svuotano e i bambini ritornano a casa, da soli. La socialità viene meno, ancora una volta. Con l’arrivo dell’estate abbiamo tirato un sospiro di sollievo, credendo di esserne fuori, appellandoci ai vaccini e al sole. Ma la variante Delta dilaga, senza guardare il calendario. 
Si festeggia, tutti insieme. Giochiamo tutti alla stessa partita, ma qualcuno deve stare in panchina. I più piccoli, ovviamente, i primi a essere sacrificati. 
Abbiamo potuto mettere maxischermi e panchine, creare assembramenti e scambiarci abbracci e virus, ma non abbiamo potuto garantire un’estate spensierata ai bambini. Vezza e Breno non saranno dei casi isolati, a tappeto chiuderanno anche altri grest. Un pronostico non troppo ottimista, ma come potrebbe essere altrimenti dopo aver visto le immagini dei giorni scorsi? Sì, abbiamo vinto. Sì, siamo campioni d’Europa. Ma è davvero una vittoria se i malati sono ancora soli e i più piccoli confinati nelle loro case, colpevoli di aver tirato il pallone al compagno sbagliato?

Maria Ducoli