Otto donne connesse a distanza

In occasione della giornata Internazionale della donna, pubblichiamo questo articolo di Elena Zeziola, uscito sul numero 301 di Graffiti.

LA GEOMETRA
“La pasta, il pane. Ah e poi anche i legumi perché non ne abbiamo più”.
E’ un po’ irreale, lo so, ma me la immagino mentre guida con un panino in bocca, che non sa più se deve cambiare il panino e mangiare le marce o viceversa.
Mary lavora come geometra nell’ufficio tecnico di progettazione di un’azienda che si occupa della produzione di prefabbricati; lei si occupa anche del contatto diretto con il cliente.
Mi racconta di come la sua pausa pranzo fosse più un correre di qua e di là per fare quella poca spesa che non poteva fare la sera, al rientro dal lavoro.
Le prime due settimane durante le quali anche lei ha lavorato da casa la pausa pranzo era un momento face to face con i fornelli per cucinarsi quello che le andava e poterlo mangiare con calma non ha eguali.
Mary in questo momento è in cassa integrazione.
Per lei di lavoro da svolgere ce ne sarebbe ancora tanto, tuttavia l’incompatibilità con la modalità smart delle attività di chi si occupa della fase di montaggio si riflette necessariamente anche sulla sua.
I 30 km verso l’ufficio, da Borno a Gratacasolo, la musica in macchina, la sveglia presto quando ancora il mondo fuori faceva silenzio, l’assidua collaborazione con i colleghi.
“Il nostro è un lavoro che richiede tanta concentrazione, io e miei colleghi siamo abituati a controllarci vicendevolmente così da essere sicuri che a nessuno sfugga qualche errore. Ci siamo mantenuti ugualmente in contatto tuttavia ora c’è sempre un po’ il timore di disturbare l’altro”.

LE INSEGNANTI
Poi ci sono Elisabetta e Annalisa, insegnanti in una scuola primaria Montessori una e di corsi di inglese l’altra.
Elisabetta mi racconta di quanto, nel loro caso sia limitante il venire meno del contatto, della relazione e dell’interazione diretta con i materiali utili hai fini dell’apprendimento, aspetti centrali nel loro sistema didattico.
Nonostante gli istituti si siano attivati con tempestività e prontezza per fare fronte alla situazione, le prime due settimane insegnanti e genitori si sono dovuti arrangiare (mandando nel primo caso e stampando nel secondo) con una vasta quantità di materiale da fotocopiare. 
“Alcune famiglie non avevano nemmeno la possibilità; si sono dovute appoggiare alla gentilezza di altre famiglie e alle copisterie che per fortuna hanno attivato dopo poco un servizio di consegna a domicilio di carta e inchiostro”.
Annalisa se la cava bene con i corsi via Skype.
Anche lei però non riesce ad immaginarsi di lavorare senza la relazione diretta, precludendosi di poter percepire lo stare e le emozioni, ogni giorno diverse, dell’altro: da come si siede, da come cammina..

LA MAMMA
E così tra carta inchiostro e PC anche Simona si è dovuta improvvisare più tecnologica di quanto le interessasse esserlo prima.
“Io dico: ho seguito così tanto mio figlio in queste settimane che credo di essere pronta per laurearmi!” sdrammatizza.
Lei, bidella con due figli, ringrazia in questo caso di non potersi prestare allo smart-working: riesce a seguire la casa, ad aiutare il primo figlio con le lezioni, ad esserci per il più piccolo quando ha bisogno, mentre suo marito lavora da casa e il resto del tempo si divide e si accolla altri impegni famigliari di diversa natura.
“Le prime due settimane?! Da dimenticare”. Ride ma vorrebbe dimenticarle davvero: il doversi inventare spiegazioni comprensibili per i dubbi del figlio riguardo agli argomenti di scuola, i video su Youtube per integrare, gli esercizi.
“Ah, gli esercizi: non c’è bisogno di spiegarti come’è diventata la situazione in casa mia quando le maestre hanno comunicato loro che quest’anno sarebbero stati tutti promossi, con una sospensione di ogni tipo di valutazione sui compiti!”

                                        
A risentire della mancanza del contatto diretto non sono solo bambini e studenti, ma anche coloro che lavorano per il teatro, la danza, la musica.

LA GIORNALISTA 
Giovanna si occupa da un paio di mesi dell’ufficio stampa della Scuola Teatro Valle Camonica e della gestione dei post settimanali di Segni di Futuro.
Mi racconta di come i suoi contenuti dei post siano cambiati e abbiano dovuto trovare una aderenza con quanto stava succedendo.
I suoi briefing settimanali con Andrea Abondio - direttore di Scuola Teatro di Darfo - si sono adattati nei pochi pollici dello schermo del PC, le lezioni di teatro anche senza però gli stessi risultati mentre, il neonato progetto di Teatro tv ha arrestato la sua partenza: i pochi ospiti in diretta a discutere delle tematiche più disparate sono di questi tempi, come sappiamo, troppi.

LA DANZATRICE
Anche gli appuntamenti di Alice con i suoi allievi di danza acrobatica hanno subìto la stessa sorte.
Lei, confinata nel suo amato Lozio, si allena negli spazi angusti di casa usando il gatto come peso.
Il mercoledì e il sabato, dal suo tablet in equilibrio sopra il forno della cucina, tiene lezioni online di tonificazione e stretching per il gruppo Malegno comunità che educa
“Il resto del tempo lo passo su Zoom, seguendo gli studenti delle palestre di Voghera e San Donato per assicurarmi che imparino a non distruggersi le caviglie”.
Di fronte al mio silenzio attonito mi spiega che una disciplina come la sua richiede ampi spazi (che non tutti i suoi studenti ahimè hanno il privilegio di avere), attrezzature particolari e superfici decisamente diverse dal duro e inadatto pavimento, che aumenta notevolmente la probabilità di farsi male.

LA COORDINATRICE
“Facciamo sentire il più possibile il nostro sostegno alle famiglie mandando video, audioracconti e storie sociali che aiutino i bambini a gestire le loro giornate e a tenere stimolata la parte relazionale e la dimensione del gioco, cosa per loro fondamentale. Una terapia in via telematica in questo momento è impensabile per le famiglie che ne risulterebbero ulteriormente sovraccaricate”.
Silvia, la coordinatrice di Spazio Autismo di Darfo conclude spezzando anch’ella una lancia in favore della prontezza delle scuole camune, assicurandomi che gli studenti della provincia di Bergamo non sono tutt’ora così fortunati.

LA MUSICISTA
Per l’orecchio fino di chi fa musica è tutto senz’altro così diverso, ma nulla ha impedito alle lezioni di musica di continuare: i piccoli alunni di Francesca quando suonano continuano a interrompersi da soli per cercare il suo sguardo d’approvazione, esattamente come prima. “Ora c’è però come un muro invisibile. Loro mi cercano, mi vedono e io ci sono, guardo la stessa partitura anche adesso, perché la guardo dal mio PC, ma è profondamente diverso: prima il leggio era lo stesso; prima guardavamo, come dire..nella stessa direzione. In tutti i sensi”.
Dietro il sottile strato di solitudine dell’isolamento però c’è anche qualcosa di dolce: la musica di Francesca che per non disturbare i suoi si esercita nella struttura vuota che prima ospitava le prove della banda di Berzo Demo.
Dal suo clarinetto esce il suono dell’autonomia e della libertà che ora ha, lontana dal conservatorio, di colorare le note, di omaggiare la musica nel modo che più le piace, nel modo che più la rappresenta.

Elena Zeziola