Morire soli. È ora di evitarlo.

La nostra lettrice Lucia Baffelli ha inviato nei giorni scorsi una lettera al Direttore Generale, Direttore Sanitario e Urp ASST Valcamonica. Solleva un tema urgente, che interessa tutti noi. Perciò ha deciso di rendere pubblico il suo scritto, condividendolo con le redazioni dei giornali locali. Qui il testo integrale della lettera di Lucia Baffelli.


Alla luce del mio recente e drammatico lutto per la perdita della mamma avvenuto presso codesto ospedale, dove la stessa era ricoverata e dove è stata contagiata dal coronavirus, ritengo sia opportuno affrontare il tema della solitudine dei pazienti ricoverati nelle strutture del servizio sanitario nazionale, privati delle visite dei propri cari a causa delle restrizioni imposte dalle norme per il contenimento dell’epidemia da SARS CoV-2, sollecitando di porvi rimedio.

La diffusione del Coronavirus ha messo in evidenza un dilemma morale che riguarda la tutela della salute dei ricoverati in ospedale, anche in condizioni critiche, alcuni dei quali in fase terminale, dilemma fra affetti e supporto psicologico da un lato e interruzione dei contatti con parenti, amici, con quanto rende una vita, "VITA". Questo soprattutto a scapito di coloro in cui la malattia consente, con ogni probabilità, uno spazio di vita limitato.

La scelta che è stata effettuata nei mesi passati e che tutt’ora si ripropone, è carica di sofferenza sia per la persona ricoverata, sia per i congiunti. Una sofferenza che si accentua e diventa tragica quando avviene il decesso dell’ammalato: al dolore per la perdita si aggiunge il dramma di non aver potuto accompagnare e assistere la persona amata, l’impossibilità di una elaborazione del lutto e l’impossibilità di vedere la salma.

La lesione degli affetti e le limitazioni delle libertà, vengono considerati il "MALE MINORE".

All’inizio di questa pandemia ci si è trovati impreparati e la carenza dei mezzi di protezione non consentiva di dotare i visitatori di abbigliamenti protettivi idonei che prioritariamente dovevano essere destinati agli operatori.

Da quella prima fase emergenziale sono passati molti mesi e ora abbiamo il dovere di far fronte anche alla riduzione del "MALE MINORE", di limitare la solitudine, di poter continuare a coltivare gli affetti, di non affidarci per tali azioni solo agli operatori e alla loro capacità di confortare e accarezzare. Pertanto richiamo tutto il sistema ad agire di conseguenza.

Ritengo perciò necessario:
- Prevedere parametri oggettivi che permettano la visita di almeno un familiare, al proprio congiunto. La comunicazione telefonica è francamente insufficiente.
- Nelle situazioni di aggravamento di malattia e nelle fasi terminali della vita, garantire la presenza di una persona cara adeguatamente istruita ed equipaggiata.

Il "MALE MINORE" fa parte della cura!
Confido in una sollecita riflessione da parte vostra, alla quale auspico faccia seguito un solido protocollo di fattibilità.
Tutto ciò per: contrastare la solitudine, coltivare con tenerezza gli affetti e limitare i rimpianti.

In attesa di gradito riscontro a questa mia, porgo distinti saluti.

Lucia Baffelli


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