Piana di Losine, avanti verso il passato



Sappiamo tutto.
Sappiamo che è in atto un repentino cambiamento climatico che sconvolgerà le esistenze nostre e dei posteri; sappiamo quali azioni dovrebbero essere intraprese per mitigare gli effetti devastanti che tale cambiamento porterà con sé.
Sappiamo che l’abusata pratica della cementificazione sarebbe una delle azioni da bandire per percorrere la strada verso una società sostenibile.
Conosciamo inoltre i numerosi benefici che apportano le terre coltivate: ambientali, di sostentamento, di protezione, paesaggistici, storico-culturali, di benessere psicofisico.
Lo sappiamo, ma nonostante ciò si continua a rubare terra ai contadini e benessere a tutti noi.

Mi riferisco in questo caso alla nuova costruzione che sta spuntando nella piana di Losine, uno degli ultimi spazi agricoli che ancora sopravvivono in Valle.

Dicono sorgerà un centro sportivo, dicono che probabilmente ci sarà anche una pista per go kart, dicono sia stato svolto tutto nella legalità, che quell’area fosse già stata convertita edificabile, che tutte le operazioni che porteranno alla realizzazione dell’opera abbiano seguito un iter regolare.
Sarà, ma tutto ciò è immorale. È immorale continuare a rubare spazio alla natura.
Lo sanno tutti.
Lo sa la scienza che ci tiene informati riguardo ciò che sta accadendo; lo sanno le associazioni ambientaliste che denunciano le male scelte; lo sanno i ragazzi del “Friday for future” che vorrebbero essere ascoltati; lo sa l’Europa che ci ha dato delle direttive; lo sanno i politici a livello nazionale, i quali non riescono ad approvare una proposta di legge sul consumo di suolo che da troppi anni giace in Parlamento; lo sa la Giunta Regionale, che ha invece approvato un’ipocrita legge che dirà stop al cemento solo quando non ci sarà più nulla da coprire di cemento; lo sanno gli amministratori locali, spesso conniventi con tali decisioni; lo sanno i molti cittadini che applaudono a ciò che percepiscono come progresso, o tutt'al più si crogiolano nell’ignavia, e lo sanno i pochi che ancora si indignano innanzi a questi scempi e che, impotenti, sospirando scuotono il capo.
Tutti lo sanno, ma si persevera come se nessuno sapesse.
Tutto sappiamo. Ma non abbiam capito niente.

Igor Ducoli