Nonostante tu non sia un esperto in teoria della letteratura - dare del tu a Fabrizio viene automatico - e non abbia un osservatorio al quale attingere, qual è la tua opinione sul panorama odierno in materia di narrativa per l’infanzia?
«Negli ultimi decenni la narrativa per bambini e ragazzi ha ottenuto dei buoni risultati sul mercato. Stanno uscendo molti libri, ma credo che solo una minima parte di essi possa essere definita letteratura. Adeguarsi alle richieste del marketing rende il nostro lavoro molto più complesso. Si è diffusa l’idea che si debba andare incontro ad un lettore sempre più debole e vige la legge della semplificazione: storie brevi con un linguaggio semplice per ragazzi che leggono poco, ma in questo modo non potranno arricchire il loro vocabolario. Sono sempre stato contrario a questa visione, e ciò non mi ha di sicuro agevolato le cose».
Nei tuoi libri troviamo tematiche importanti: la creazione, la diversità, la guerra. Com’è possibile parlare ai bambini di argomenti così complessi?
«Personalmente, non parto mai dalla tematica: ho delle cose in testa che poi finiscono, più o meno volontariamente, nei libri. Bisogna fare attenzione alle varie categorie, primissima infanzia, letteratura per bambini, ragazzi, e crossover: non ci si può rivolgere a tutti allo stesso modo. Credo che ai bambini si possa parlare di tutto, trovando una voce e le parole giuste».
Una bibliografia chilometrica, numerosi premi e un Andersen: cosa significa essere uno scrittore per l’infanzia?
«Solo in Italia si fa questa distinzione, negli altri Paesi si è scrittori e basta. Non credo che sia una questione di etichette, quando scrivo una storia mi piace immaginare un interlocutore bambino, tutto qui. Sono convinto che nell’infanzia una storia possa davvero fare la differenza».
Ma come sono nati Alcino e Giulia?
«Nascono dall’incontro di una grande passione e di un’inaspettata meraviglia, ormai qualche anno fa. Quindici giorni passati in mezzo ai boschi, in un campo estivo di ricerca e lavoro sulle rocce incise sono stati uno squarcio su un nuovo mondo: quello del passato che incontra il presente. L’anno dopo l’inaspettata meraviglia: la nascita di mio nipote, Giovanni. Iniziai a raccontargli storie, spesso attingendo alle mie riflessioni sulla preistoria. Da lì l’idea di scrivere la storia di un bambino vissuto in quel periodo. È stato tutto veloce, in tre settimane ho scritto il testo, realizzato le illustrazioni e deciso di stamparlo».
Alcino e Giulia insegnano la storia locale in un modo nuovo, meravigliando. Com’è possibile allontanarsi dall’idea che i libri siano solo un dovere scolastico?
«Penso che insegnare attraverso il racconto - anche di fantasia - permetta ai bambini di apprendere le nozioni con più facilità perché si divertono e possono, come in questo caso, immedesimarsi nei panni dei personaggi. I bambini hanno bisogno di conoscere, capire, apprendere ma in modo adatto a loro, cioè tramite l’immaginazione, la creatività e l’esperienza diretta».
Chi è lo scrittore per bambini, una sorta di fanciullino pascoliano?
«Sì, è uno che riesce a vedere ancora la vita con gli occhi dei più piccoli, con le loro caratteristiche principali: fantasia, fiducia e curiosità. Non è che abbia qualcosa in più rispetto allo scrittore per adulti, ha semplicemente mantenuto la consapevolezza che crescere non significhi irrigidirsi su schemi, razionalità e quotidianità, ma camminare con leggerezza, anche tra mille difficoltà, continuando a credere nei propri sogni».
È ancora possibile parlare di narrativa per l’infanzia, in un’era di nativi digitali?
«Credo che la lettura sia e debba essere un'esperienza plurisensoriale. Soprattutto per i bambini. I libri non hanno solo delle parole da leggere e dei disegni da ammirare, ma delle pagine da toccare e da annusare. Persino l'udito ne esce soddisfatto quando un foglio si sfrega contro l'altro. Nonostante ciò, serve fare i conti con la realtà del presente e cercare di scandagliare tutte le possibilità di ciò che all'apparenza può sembrare un vincolo. Le storie sono una necessità, non si possono fermare»-
Deve incantare o rendere il mondo attuale a misura di bambino?
«Un buon libro incanta e allo stesso tempo obbliga a porsi delle domande che aiutano a formarsi, a mettersi in discussione e leggere se stessi e il mondo. Questo succede anche con i libri per adulti, ovviamente tutto dipende dalla qualità delle storie».
La narrativa per l’infanzia viene spesso considerata come una letteratura di serie B...
«Odio questa retorica. Non credo in una letteratura di serie B e in una di serie A, l'ho sempre trovata una distinzione infelice e poco attenta. Una distinzione della quale, nel corso della storia, sono stati vittima molti generi letterari. La letteratura per bambini è una forma di espressione come le altre, pertanto presenta le proprie peculiari caratteristiche e difficoltà».
Una volta giunti al termine del nostro viaggio tra le menti fantasiose dei nostri tre autori, notiamo come tutti abbiano sottolineato l’importanza delle storie, soprattutto in un periodo di crescita come l’infanzia. Potremmo dire che per crescere bene serva un’alimentazione bilanciata, ricca di frutta e verdura, e delle buone letture. Che poi, i libri non sono mai solo un miscuglio di morfemi e particelle di cellulosa: alcuni insegnano, altri salvano, altri ancora fanno compagnia.
Viene spontaneo pensare alla bambina prodigio protagonista di un film cult per l’infanzia, Matilda sei mitica, tratto dal libro di Roald Dahl Matilda: esempio lampante di come la lettura sia un appiglio al quale aggrapparsi nelle situazioni peggiori, come quella di Matilda, cresciuta in una famiglia disfunzionale che non la capisce. “E così la giovane mente di Matilda continuava a fiorire, nutrita dalle voci di quegli scrittori che avevano mandato in giro i loro libri per il mondo, come navi attraverso il mare. Da questi libri veniva a Matilda un messaggio di speranza e di conforto: tu non sei sola”.
Il valore dei libri è quindi inestimabile e Gianni Rodari - maestro indiscusso della narrativa per l’infanzia - sottolinea, in particolar modo, quello pedagogico ponendo al centro l’esperienza del lettore, la sua partecipazione attiva e consapevole. “Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi”. Allora, che fiaba sia.
Maria Ducoli