Lettera Aperta a Gianluca Delbarba

Superiorstabat lupus, longequeinferior agnus


Gentilissimo Presidente di Acque Bresciane,

spero non disdegni le opinioni e gli interrogativi di un incompetente. I cittadini di una società complessa hanno pure il diritto sacrosanto di non sapere tutto e di non conoscere adeguatamente tutti gli androni specialistici della pubblica amministrazione.

Premesso che il gestore unico delle acque bresciane è un’assurdità non certo voluta da lei ma da Regione Lombardia. Constatato che l’ambito ottimale dovrebbe essere, a mio modesto parere, il corso d’acqua che dall’Alpi arriva al Po. Attorno all’Oglio, al Mella, al Chiese esistono interessi comuni difficilmente accumulabili. Ma passi.

Sappiamo che la Valle Camonica è in grande ritardo per quanto riguarda la totale depurazione delle sue acque e continua a regalare agli amici sebini e padani preziose urine e cacche profumate. 

Finalmente lei sottolinea che Sellero, Cedegolo e Berzo Demo avranno il collegamento con il depuratore di Esine. Ottima notizia. Le chiedo: che ne è dei Comuni da Capodiponte a Losine e Niardo? Ceto e Cerveno hanno i loro vecchi depuratori che gli esperti dicono superati ma, a loro modo, purificano le acque nere. E tutti gli altri comuni? Capodiponte, Ono, Braone, Niardo, Losine? Lei comprende che se un pezzetto di Oglio diventa bevibile, ma a valle lo infettano di nuovo, il gioco non vale la candela. Ma non solo. A Nord di Berzo Demo, Edolo, Sonico, Malonno sporcano quello che due chilometri più a sud viene purificato. Sarebbe come se in un condominio di quattro piani l’ultimo piano separasse per bene le schifezze dal pulito, il terzo mischiasse il bene e il male, il secondo distinguesse acque nette e acque nere, il primo miscelasse deiezioni e acqua cristallina. Una situazione non paradossale, ma semplicemente da manicomio.

Per farla breve: le autonomie sono sacrosante, ma debbono essere razionali. Quando diventano del tutto inefficienti o controproducenti (come nel caso dei piccolissimi comuni e della gestione a intervalli dell’idrografia) è meglio evitarle. I ritardi immensi e intollerabili nella depurazione ci dicono che non è più accettabile lo spezzettamento di competenze. Potrebbe occuparsene il Pirellone al posto di compilare tabelle errate sul Covid. Che si paghino un buon ragioniere. Ma la Regione, in molti casi, è solo sulla carta. Di fatto non esiste.

Una volta, quando avevo qualche responsabilità amministrativa, avevo avanzato una proposta che ritengo tuttora attuale. Siccome la depurazione ha costi elevati perché, in un ambito che dovrebbe andare, con un pizzico di lume, dal Gavia al Po, non si propone un patto ai bassaioli? Un do ut des: voi ci aiutate nella depurazione e noi vi proponiamo un collettore delle acque potabili che dal Tonale arrivi fino all’ultimo paese della bassa, recuperando in cammino i vari surplus, in modo che si beva anche in pianura come da noi, a costi accettabili, acqua fresca e pulita tutto l’anno, non diossina. Ad ogni salto significativo del conduttore un alternatore invisibile che produce corrente green che abbassa i costi di gestione.

È proprio fuori di materia grigia una proposta del genere? Mi dica lei che è un esperto. 

Penso spesso alla sapiente favola del lupo e dell’agnello che bevono allo stesso ruscello. La Valle Camonica è riuscita a moltiplicare per quattro il significativo racconto di Fedro. Ha messo sul suo tratto di fiume, alternati, almeno quattro lupi e altrettanti agnelli. Ha voluto strafare in imbecillità. E non basta il benedetto idrogeno a riscattarla se i lupi continuano a sostenere di avere ragione perché sono lupi. 

Con vera simpatia,

Giancarlo Maculotti