La Valle diventa arancione scuro

Quando il governo nazionale ha deciso di mantenere chiusi gli impianti sciistici, il presidente della Regione Lombardia (giustamente) tuonava indignato contro una decisione "assurda" e "dell'ultimo minuto".

Ponte di Legno, 20 febbraio: piste chiuse, tutti al bar. Inaspettatamente, i contagi nella provincia di Brescia crescono.

Chissà cosa avrà pensato allora della sua ordinanza del 23 febbraio, con cui la provincia di Brescia e una manciata di comuni confinanti entravano in zona "arancione rafforzata", emessa poco prima delle 17.30 ed entrata in vigore, con congruo anticipo di 30', alle ore 18 dello stesso giorno.
"Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini", tanto per usare le parole dello stesso Fontana
Ma in questo caso, a rimetterci, sono soprattutto gli studenti: il "rafforzamento" della zona arancione prevede infatti, come principale misura aggiuntiva rispetto all'arancione "non rafforzato" (?), la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, oltre che degli asili nidi.

È alle 12.30 di quel martedì che la chiusura viene annunciata, come di consueto con una conferenza stampa in cui i politici parlano prima che il provvedimento sia stato emesso, lanciando quindi dei messaggi imprecisi che non possono essere verificati su una fonte ufficiale.
(Succederà anche in questo caso: subito dopo la conferenza stampa, il Corriere della Sera scriverò un pezzo in cui dice che chiuderanno le scuole dell'infanzia, la primaria e le superiori, ma non la scuola media)
Mentre le chat dei docenti, ma anche quelle dei genitori e degli studenti stessi, vengono inondate da condivisioni della notizia, richieste di spiegazioni e appelli alla calma, anche i dirigenti scolastici camuni decidono di prendere posizione.
E infatti, nel primo pomeriggio, ai docenti della Valle viene comunicato che il giorno successivo si torna alla didattica a distanza al 100%, che in alcuni casi (per esempio nella scuola primaria) era stata abbandonata a giugno 2020.
Le comunicazioni dei dirigenti si pongono così, inconsapevolmente, in contrasto con il provvedimento regionale, che prevede invece che gli alunni con disabilità o bisogni educativi specifici possano frequentare in presenza.
Quando alle 17:37 esce il testo dell'ordinanza, anche gli amministratori locali possono tirare un sospiro di sollievo:
Dopo le tante chiacchiere, bipartisan, sul valore e l'importanza della scuola, è di nuovo ad essa che si chiede di pagare il prezzo delle scelte sbagliate della politica.

Come scrive il collettivo bolognese Wu Ming, commentando l'ordinanza regionale dell'Emilia Romagna, che in maniera analoga a quella Lombarda chiude le scuole per diversi comuni tra cui Bologna: 

"I settori che devono pagare per tutti sono cultura, sport e istruzione, individuati come quelli il cui sacrificio sull’altare della pandemia intacca meno la produzione e i profitti. A fare le spese di questa scelta tutta politica saranno non solo i lavoratori di questi settori, ma soprattutto le generazioni più giovani, adolescenti e bambini. Sulle loro spalle stiamo caricando il peso dell’inanità e incapacità politica della classe dirigente di questo paese."

Che si tratti di incapacità (a livello nazionale quantoa livello regionale) è ormai un fatto conclamato anche dagli stessi tecnici. Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, intervistato da Radio 1 il 26 febbraio, denunciava l'inefficienza del Piano Vaccini, ma anche la mancata adozione di una serie di misure come il rafforzamento del sistema di contact tracing (tra l'altro, qualcuno si ricorda di Immuni?), interventi sulle aule scolastiche per garantire il ricambio d'aria, il potenziamento dei trasporti pubblici e molte altre cose di cui sentiamo parlare da mesi ma che nessuno ha mai visto.

La variante inglese contagia di più anche più piccoli e si diffonde nelle scuole. Eppure ci sono focolai anche nelle fabbriche, ma nessuno propone una loro chiusura generalizzata: si danneggerebbe il mondo produttivo, si dice.
Il danno inflitto alle generazioni future, invece, raramente viene tenuto in considerazione. È una "esternalità", direbbero gli economisti.
Esiste, però: uno studio dell'Università di Oxford sul lockdown in Olanda conclude che 

"la perdita di apprendimenti rilevata nei Paesi Bassi è equivalente a circa un quinto del progresso cognitivo atteso in un normale anno scolastico. Le perdite salgono al 55 per cento per gli studenti di famiglia meno istruita". 

Il sito lavoce.info sostiene che per l'Italia il danno potrebbe essere stato ancora maggiore.

Con buona pace dei principi costituzionali, secondo cui:

"La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi." (Art. 34)

Potremmo riformulare così:

La scuola è chiusa per tutti, l'istruzione inferiore si svolge nelle forme limitate della didattica a distanza, i capaci e meritevoli, che nascono nelle famiglie sbagliate, si attaccano.

Tanti saluti dalla zona arancione (rafforzata).

Ivan Faiferri