Il rischio di una rottura tra generazioni e le sfide per i democratici

Continua a far discutere la rubrica "Rosso di Sera" a firma di Giancarlo Maculotti, pubblicata sul n. 304 di Graffiti. Dopo la lettera di Danilo Fedriga, riceviamo e pubblichiamo il contributo di Giuseppe Galli.


L’articolo di Giancarlo Maculotti, pubblicato sul n. 304 di Graffiti, dal titolo "Referendum: non tutti i mali…" potrebbe sembrare il tentativo di riconsiderare le ragioni di chi era schierato per il No, riconoscendo che, secondo il proverbio non tutto il mal viene per nuocere, alcuni aspetti positivi vanno riconosciuti al Sì.

Purtroppo non è cosi, le ragioni del No, anche se minoranza, per Giancarlo restano convintamente valide, tanto da spingerlo a un accostamento inaudito fra il pensiero nazista e quello di molta parte dei sostenitori del Sì, i quali scatenati contro la politica, contro il parlamento, contro la democrazia, accecati dall’odio verso le istituzioni hanno, consapevolmente o no, fornito prova di pensarla come il Fuhrer.

Che ci sia un rigurgito negazionista è purtroppo vero, riguarda il nostro paese, l’Europa e tutti i Paesi democratici alle prese con una crisi che la globalizzazione e il liberismo hanno contribuito a peggiorare, non credo però che questo fenomeno abbia a che fare con il Referendum sulla riduzione dei parlamentari.

Quello che trovo ingiusto è l’argomentare sul referendum per la riduzione dei parlamentari, lasciando intendere che, sia pure solo in parte, quelli del Sì sono pericolosi: oggi si accontentano della riduzione, domani chiederanno la cancellazione del parlamento per dare inizio alla dittatura.

Dire ai cittadini che i nostri parlamentari (630 Deputati + 315 Senatori + 6 nominati + 72 Parlamentari Europei) sono troppi è un dovere perché sono tanti, troppi se contiamo anche i 1.117 Consiglieri Regionali, e poi non si dice, per non spaventare, che ci sono inoltre 2600 ex parlamentari che ricevono la pensione e il vitalizio, quest’ultimo recentemente ridotto, ma è già partita la contestazione a tale provvedimento, ricorsi che mi auguro siano respinti.

Come si fa a sostenere che non è giusto, in un particolare momento poi, come quello che stiamo vivendo, chiedere ai parlamentari italiani, di rinunciare ai privilegi che hanno rispetto ai loro compagni di altri Paesi, visto peraltro che sono più numerosi e i meglio pagati?

Io ho deciso di votare Sì per aiutare i nostri parlamentari ad accettare il sacrificio, difficile lo ammetto, di autoridursi un possibile posto e una parte di stipendio oltremodo più alto di quello di altri Paesi, ad esempio la ricca Germania dove il lavoro dipendente è pagato di più del nostro mentre i loro Parlamentari sono pagati meno di quelli italiani.

Riconoscere che la riduzione dei parlamentari non mette in pericolo la rappresentanza, ma poi contemporaneamente sminuire il valore del risparmio, finisce per perdere un’occasione di alfabetizzazione civica, utile a riacquistare credibilità e rispetto nei confronti di una istituzione oggi parecchio screditata.

Ora sul Referendum non vorrei stancare, vedremo come andrà nelle prossime consultazioni elettorali, sperando che si arrivi a farle con una nuova legge il più largamente condivisa. Anche sul come si vota, il nostro Paese non trova pace, ognuno vorrebbe una legge che ti fa vincere, e avanti con le proposte, nessuna delle quali tiene conto del bisogno del cittadino elettore che il voto sia un compito semplice e chiaro. Invece abbiamo sistemi uno diverso dall’altro: la Camera dei Deputati, il Senato della Repubblica, i Consigli Regionali, i Consigli Comunali con più di 15 mila abitanti e quelli sotto i 15 mila. Fino a pochi anni fa c’erano anche le Province con il loro sistema elettorale, poi con una legge sono state abolite, la nuova legge violava la costituzione quindi andava modificata, risultato le Province ci sono ancora, con una variante che ha cancellato l’elezione dei Consigli Provinciali.

Fermo restando che tutti i Paesi democratici sono in crisi, il nostro si distingue per la debolezza con la quale affronta la durissima prova della globalizzazione, lo dimostra la retrocessione che lentamente ma inesorabilmente subisce nelle classifiche, alcune delle quali ci vedono agli ultimi posti, neanche fossimo un paese del terzo mondo. Mi chiedo come abbiamo fatto a sperperare un patrimonio che ci vede primi in assoluto per indebitamento dello Stato nei confronti di investitori interni che esteri. Sarebbe meno grave se gli investimenti fossero serviti a ricostruire una capacità di rientro dai debiti ma la realtà dei fatti ci dice che continuiamo a regredire.

La pandemia in corso ha dimostrato come siamo lontani dall’essere nelle condizioni di garantire i nostri creditori e contemporaneamente essere uno Stato capace di garantire un equo benessere a tutti i suoi cittadini.

Che fare? Il "Rosso di sera" di Giancarlo, nella parte finale, lancia l’appello a tutti i Democratici perché si rendano conto dei pericoli che stiamo correndo.

Appello che sento di fare mio, perché è avvilente che la nostra generazione consegni alle generazioni future un mondo peggiore di quello che a nostra volta avevamo ereditato.

Mi domando perché sono passati trent’anni da Tangentopoli e non si riesca ancora a riprendere in mano l’obiettivo di ricostruzione di un nuovo partito della sinistra, obiettivo a cui nessuno sembra interessato.

In questi anni, nonostante si siano provate formule di ogni genere, il Parlamento è andato via via mutando in negativo e non poteva essere che così vista l’assenza di uno strumento qual è un partito capace di avere un progetto di paese realizzato stando nella società con il compito di forgiare classe dirigente a disposizione delle istituzioni. Il Movimento 5 Stelle ha portato in Parlamento decine di persone nuove, giovani, laureati ma inesperte e in poco tempo il movimento è entrato in grosse difficoltà.

So che farà sorridere qualcuno il tema dei Partiti e però 30 anni sono la durata di un ergastolo, mi sembra un castigo sufficiente per riscattarsi dal danno provocato.

L’errore più grande che hanno commesso i Partiti risale a prima di tangentopoli, quando hanno iniziato ad occupare le istituzioni, trasformandole in centri di potere al servizio del proprio Partito. Iniziava così una competizione fra i Partiti nell’occupare posti di potere dentro le Istituzioni piegandole a fini politici di parte. La pratica della lottizzazione ridusse progressivamente il lavoro di proselitismo e raccolta del consenso; fu questo che portò i partiti verso il suicidio.

Ancora oggi a distanza di 30 anni da Tangentopoli, le parole PARTITO o POLITICA destano sentimento di disprezzo.

Chi a ha cuore la Democrazia non può accontentarsi di come vanno le cose oggi, l’antipolitica esiste ma si nutre di cattiva politica, o di assenza politica.

Recuperare il tempo perduto non sarà facile perché i cambiamenti sono tanti e si susseguono in tempi sempre più stretti. I fatti drammatici di questi mesi, ancorché c'è da sperare si risolvano presto, hanno provocato sofferenze e paure indescrivibili, il numero dei morti ha superato la cifra di 1.800.000, i danni all’economia andranno ad ingrossare il numero delle persone che vivono in povertà, come se non bastassero i poveri, vittime della globalizzazione.

Gli Stati hanno dimostrato di essere impreparati a reggere l’urto provocato dalla pandemia e a pagare il prezzo più grande sono state le persone anziane a cui sono mancate le protezioni necessarie. Il tema dell’allungamento delle aspettative di vita delle persone, se non affrontato, rischia di provocare una rottura fra le generazioni; l’indice di vecchiaia segnala un rapporto preoccupante fra il numero di giovani under 15 e anziani over 65, da anni i giovani calano e gli anziani crescono e vivendo più a lungo possono avere un costo maggiore.

Non è però vero che vivendo più a lungo la persona costa di più, anzi è vero il contrario perché se fossero promosse politiche di invecchiamento attivo la persona anziana può essere una risorsa per se e per gli altri. Certo è che i governanti non possono non adeguare l’organizzazione dello Stato ai cambiamenti sempre più frequenti e profondi della società.

Sappiamo che vivere più a lungo si traduce in maggior tempo libero a disposizione di progetti, ma anche di potenziali nuove patologie invalidanti che richiedono una specifica risposta, attraverso il varo di una legge sulla non autosufficienza, ma su questo i governi nicchiano.

Serve comunque una legislazione che si rapporti ai cambiamenti della società in positivo, partendo dai temi ambientali, a quelli della popolazione mondiale con i suoi squilibri, alle sempre maggiori disuguaglianze rese possibili da un’assenza di regole condivise e fatte rispettare.

Infine un cenno sulle disuguaglianze. Tocca ai Paesi ricchi individuare politiche di riequilibrio delle condizioni di povertà e miseria in cui vivono miliardi di persone, politiche di sviluppo e di crescita di popoli oggi spesso in guerra tra di loro e in molti casi derubati, invece che aiutati a realizzare progetti e programmi di accrescimento culturale necessario a conquistare pacificamente condizioni di benessere.

I ricchi sottovalutano il pericolo che possono correre pensando solo a difendere i loro beni, magari con le armi, ma se miliardi di persone affamate sconvolgono il pianeta anche le armi più potenti rischiano di essere inefficaci. Tanto più se il nemico non sono i tradizionali eserciti, ma le pandemie. Nelle guerre tradizionali il nemico lo vedi, conosci le armi di cui dispone, mentre è tutto più complicato quando il nemico è un Virus, ad esempio come il Coronavirus.

Possibile che i ricchi non sappiano che un mondo meno diseguale è garanzia per tutti di vivere in pace? E quando i meno ricchi capiranno che anche in Democrazia sapere stare uniti significa essere più forti?

Giuseppe Galli

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