Don Redento, Ciao Uomo!

Se dovessi rincontrarlo, dopo anni, lo saluterei con il suo «Ciao Uomo», saluto universale che rivolge a chi gli chiede attenzione. Il primo incontro con Redento fu, per sentito dire: ce ne parlavano i ragazzi che, da Gorzone di Darfo, sostenevano l’attività del missionario partito per le terre dei Rendille. I primi anni settanta erano quelli di impegno per il cambiamento della società, delle istituzioni e perfino della chiesa con i don Milani, le comunità di base, i don Franzoni, l’abate “rosso” della basilica di S. Paolo fuori le mura ridotto allo stato laicale dalle autorità vaticane, per il suo sì alla legge sul divorzio, all'aborto e la condanna alla guerra in Vietnam. Anche nella  scuola spirava il vento del cambiamento per il rinnovo dei contenuti e della didattica. In ambito nazionale operava l’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa), in Valle sorse il GISAV (Gruppo Insegnanti per una Scuola Alternativa), entrambi ispirati dal pensiero-azione del Priore di Barbiana. Per l’insegnamento della Storia e della Geografia si ricercavano strumenti per aprirsi anche alle tante culture extraeuropee. I Dogon, i Sioux... i  Rendille, divennero paradigmi per uno studio storico-antropologico di popoli da sempre dimenticati. I Rendille li conoscemmo per l’azione di questo giovane prete fuori dagli schemi. 

Dopo sette anni in terra d’Africa rientrava in Italia, non per un meritato riposo, ma per dar vita a un nuovo progetto.

Sono gli anni dell’emersione del “fenomeno tossicodipendenze” che, anche in Valle, suscita  sgomento ed allarme; mancano strumenti culturali ed operativi: le istituzioni appaiono disarmate di fronte al dilagare del fenomeno. Fu don Redento ad insistere per un’azione comune: «In Valle siamo ancora tutti divisi: ogni paese e all’interno del paese ogni colore, ogni fazione per conto suo a vedere chi arriva prima... Mettiamoci insieme. In tanti e uniti qualcosa faremo, continuando a voler fare per conto nostro, continueremo a piangere le nostre piaghe» (atti del convegno “Problematiche giovanili e droga”, Breno 1985). Da allora tante furono le iniziative alle quali partecipai con don Redento a fianco dell’Associazione Famiglie Camune (presidente Marisa Zendra, vicepresidente Cesare Moles, PCI).

Di quel periodo ricordo un fatto che ben evidenzia il carattere combattivo del fondatore della cooperativa di Bessimo. Nel paese di cui allora ero sindaco era andata in pensione la bidella della scuola elementare; occorreva sostituirla. Da una verifica contabile verificammo che l’affidamento ad una cooperativa avrebbe comportato un risparmio di circa la metà rispetto all’assunzione in organico. Decidemmo allora di affidare il servizio alla Cooperativa di Bessimo. Apriti cielo! Come era prevedibile si scatenò in paese la canea dei benpensanti: «il sindaco vuole portare droga e drogati nella scuola». Chiesi allora a don Redento di partecipare all’assemblea pubblica nella quale avrei illustrato il provvedimento. Mi tranquillizzò subito: ci avrebbe pensato lui.

Del suo intervento ricordo soprattutto le parole rivolte ai suoi correligionari: «E tanti di voi sarebbero quelli che tutte le domeniche corrono in chiesa e magari prendono anche l’ostia». I benpensanti tacquero quella sera e per sempre.

Mi piace immaginare che cosa direbbe oggi ai nostri "defensores fidei" che si scagliano rabbiosi contro l’accoglienza degli ultimi della Terra.

Valerio Moncini (da Graffiti n. 267, Febbraio 2017)