L'attenzione dell'UNCEM verso gli esercizi commerciali e di somministrazione nei piccoli Comuni e nei Comuni montani italiani è più che comprensibile: come affermato nella nota, si tratta spesso delle "uniche e sole attività economiche" presenti in paese, presidi "indispensabili per i nostri territori", punti di riferimento per comunità dove isolamento, sensazione di abbandono, disagio sociale sono rischi veri.
Eppure questa battaglia non mi convince. Così come non sono persuaso dagli appelli del mondo della cultura per la riapertura di cinema e teatri. E dalle preoccupazioni delle associazioni sportive. E dai vari distinguo, più o meno autorevoli.
La Francia è in lockdown quasi totale, aperte solo scuole e fabbriche. La Germania ha chiuso bar, ristoranti, cinema e teatri. È - purtroppo, ancora - il momento di scelte difficili, drastiche, dove penso sia davvero complicato intervenire in modo chirurgico. Prevale l'accetta.
Il messaggio degli ultimi provvedimenti mi pare chiaro: vanno, di nuovo, limitati al massimo gli incontri, gli spazi comuni, le occasioni di socialità. È triste? Senz'altro. Ma in ciò non vedo un giudizio morale, etico, civico, culturale, sul valore di questa o quella attività, di questo o quel lavoro. Dovunque si intervenga, d'altronde si scontenta qualcuno e si crea una potenziale ingiustizia.
Michele Cotti Cottini
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