Essi vivono: i cinghiali sono tra noi

Fotografia di Mauro Scamozzi

Si ringraziano Carlo Piccinelli, Mauro Scamozzi per le immagini e i membri del gruppo Botanica Rhaetica per suggerimenti e opinioni.

Uno spettro si aggira per la Valle.
Ma non si tratta del socialismo: piuttosto, è uno spettro concreto, fatto di setole, unghie e zanne, e che possiamo definire "spettrale" solo perché difficilmente l'uomo lo vede in azione. È il cinghiale.
I cinghiali, nelle Alpi, esistono da molto tempo, forse già dalla preistoria: nell'Ottocento, tuttavia, Gabriele Rosa scriveva che i "cignali" (sic) "sin dal principio di questo secolo vi scomparvero" (Rosa 1881, p. 8). Forse il nostro storico era stato un po' drastico, ma senza dubbio questi ungulati erano stati ricacciati in spazi marginali dell'arco alpino, per fare posto all'uomo, ai suoi coltivi e alle sue bestie.
I cinghiali tuttavia ritornarono, reintrodotti illegalmente, probabilmente dai cacciatori, a partire dagli anni '60 del Novecento.
Era una specie diversa, venuta dall'est, più grande della stirpe autoctona e quindi più "divertente" da cacciare.
Come spesso accade quando l'uomo gioca con gli equilibri naturali, l'esperimento sfuggì di mano e oggi ci troviamo a dover contenere una invasione suina, con avvistamenti di cinghiali nei prati di Ponte di Legno o presso la malga Lincino in Val Saviore (1600 m s.l.m.) e una presenza quasi costante nei prati e nei boschi della media e bassa valle.
La caccia e l'abbattimento selettivo sono sembrati la soluzione migliore. Nel 2015 la Provincia di Brescia si impegnò su questa strada, formando i cacciatori per estirpare il problema. Ci si mise di mezzo La magistratura, con un processo all'allora presidente, Pier Luigi Mottinelli, e ad alcuni dirigenti, solo di recente scagionati dalle accuse. Sta di fatto che questa potrebbe non essere la soluzione migliore: se non viene fatta con criterio, la caccia rischia di aumentare il numero dei cinghiali, invece di diminuirli.
Lo dichiarava qualche tempo fa Katia Impellittiere (Lega abolizione caccia di Brescia): "Rimuovendo gli anziani dai branchi l’attività venatoria provoca l’anticipo e un aumento degli estri delle giovani femmine... Aumentano, in questo modo, le nascite e, più in generale, un ringiovanimento della popolazione… È un via libera generale, il cui risultato è un passaggio dai 4-6 cuccioli per stagione della capofamiglia, ai 20-30 di tutte le figlie assieme".
Che fare allora?
L'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) ha pubblicato varie linee guida sulla gestione del Sus scrofa: tra i rimedi, suggerisce ad esempio vaccini immuno-contraccettivi, che impediscono la riproduzione per 3-5 anni dopo l’inoculazione oppure recinti o trappole autoscattanti per la cattura degli animali.
Anche il “prelievo selettivo”, cioè l’abbattimento degli animali, è una strada contemplata dall’ISPRA. Condotta con strumenti adeguati (per esempio con battitori formati e l’utilizzo di cani da caccia addestrati, detti “limieri”) può portare risultati importanti.

Fotografia di Carlo Piccinelli
 

Sul gruppo “Botanica Rhaetica”, comunità molto attiva sulla rete sociale di Facebook, la discussione divampa ogni volta che vengono pubblicate fotografie di campi “arati” dai cinghiali.
“Di solito”, racconta un commentatore, che ha raccolto le testimonianze di proprietari di campi danneggiati, “agiscono durante le ore crepuscolari o notturne e quindi non sono neppure visibili; magari se abitano sul posto in cui agiscono i cinghiali possono sentire i loro cani abbaiare, però se escono il branco è già scomparso”.
Qualcuno rievoca la storia della “colonizzazione”: “Nel 1980 ero in Friuli. Si guardava ai boschi della Jugoslavia raccontandoci che i cinghiali stavano arrivando da quelle selve...
Nel 1994 lavoravo nei boschi dei Colli di San Fermo, sopra Adrara, e si parlava di cinghiali in espansione. Ora, anno dopo anno, non sappiamo come difendere mais e frumenti qui in Valle Seriana: anche quest'anno sono entrati nonostante le consistenti recinzioni elettriche”.
Come sottolinea Innocenzo Bona, creatore del gruppo ed esperto naturalista, i cinghiali creerebbero meno problemi, “se noi (esseri umani) non abitassimo queste vallate. Ma ci siamo e vogliamo viverci”.
La convivenza però è problematica e alla fine la soluzione sembra essere ancora “[l’]abbattimento selettivo per mezzo di guardie venatorie”
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Ivan Faiferri