Laura Ziliani: in manette le figlie e il fidanzato. Sui social il processo

Il caso dell’estate, la notizia della settimana. È l’alba quando le due figlie di Laura Ziliani - Silvia e Paola Zani - e Mirto Milani, il fidanzato della maggiore (e secondo la stampa amante della seconda), vengono arrestate. Quattro mesi e mezzo, la durata delle indagini. Quattro mesi che hanno fatto sorgere dubbi, domande, perplessità: «Saranno state davvero loro?» «Ma sì» «No, io non ci credo». Abbiamo acceso la televisione mentre mangiavamo l’insalata di riso e ce la prendavamo contro le zanzare: «Abbassa la voce che comincia il tg». Fiato sospeso davanti alla notizia di una scarpa ritrovata, sarà la sua o no? Adesso il cerchio si chiude, producendo il clic metallico di due manette che serrano i polsi. 
Sui social il processo è immediato, si parla subito di ergastolo, si invoca il rogo, ci si rammarica per la mancanza della pena di morte.
Leggi i commenti dei post dei giornali o delle tv locali e si viene catapultati indietro di qualche secolo. Ah, magari esistesse ancora la legge del taglione, occhio per occhio e dente per dente. Era più facile, non era necessario tutto questo iter burocratico. 
Arrabbiarsi è legittimo, ci si chiede come sia possibile che qualcuno si attribuisca ancora il diritto di decidere sulla vita di una persona. Le aule dei tribunali non sono più di moda, forse dovrebbero prendere spunto da Facebook: lì è stato già deciso tutto, colpevoli e innocenti, pene e moventi. Ci si appella alla libertà di espressione, che si è rapidamente trasformata in libertà di giudizio. 

Era l’8 maggio 2021 quando abbiamo sentito per la prima volta parlare di Laura Ziliani, uscita per andare a camminare in montagna e più tornata. Nulla di eclatante, sappiamo bene che nel momento in cui la stagione inizia ad aprirsi sono molti i camminatori che necessitano di essere soccorsi in posti impervi. Abbiamo subito pensato che Laura fosse una di loro. Dieci giorni dopo, le ricerche vengono interrotte. Non è stato trovato nulla. Gli inquirenti storcono il naso, c’è qualcosa che non va, che non li convince. L’orologio di Laura lasciato a casa, il cellulare finito dietro una panca, l’ora della scomparsa che non coincide. Il 23 viene ritrovata una scarpa nel torrente, ci si chiede se possa appartenere alla scomparsa, ma solo una figlia la riconosce. La trama si infittisce.
Temù è presa d'assalto dai giornalisti, da Chi l’ha visto a Quarto Grado e La vita in diretta, tutti parlano del caso Ziliani. 
Arriva l’estate e con lei anche la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di due delle tre figlie della vigilessa e del fidanzato di Silvia. Tutto tace, finché non viene ritrovato il corpo. 
Si aspettano gli esiti del test del dna e dell’autopsia, ma nessuno ha dubbi: è lei. E allora ne esce un polverone: «Sì, sono state loro» «L’hanno ammazzata, vedrai». 
Tutti dicono qualcosa, non si può stare in silenzio, non dopo gli anni di cronaca nera vista in seconda serata in tv. 
La svolta l’ha data il tossicologico che ha rinvenuto la presenza di bromazepam, un farmaco della famiglia delle benzodiazepine comunemente venduto come Lexotan. Un altro tassello che va ad aggiungersi al puzzle macabro di quest’estate. Cos’è successo davvero? Cosa ne è stato di Laura Ziliani? E soprattutto, la domanda che si fa strada in ciascuno di noi: come si può arrivare a tanto? 
Si deve aspettare il processo per avere delle risposte. Eppure, quello tenuto sui social ha già sentenziato. 

Maria Ducoli