Darfo: l'odore della tradizione

È da qualche settimana ormai che l'odore penetrante e proveniente, pare, dagli impianti della diamalteria darfense, ha mobilitato un corteo di nasi oltraggiati verso le stanze amministrative.
L'odore, dalle fragranze indefinibili, aleggia oltre i confini comunali, offendendo oltremodo la sensibilità olfattiva dei cittadini.
"Nauseabondo" e "mele marce cotte" (credo si volesse intendere delle mele cotte poi marcite), sono alcune delle immagini utilizzate per identificarlo dal punto di vista olfattivo e generare così una comprensione collettiva e condivisa del fenomeno, anche tra piani percettivi molto diversi. 
Le promesse pacificamente ottenute riguardano la cura dell'impianto di depurazione e un prodotto deodorante, già in precedenza utilizzato, per scoraggiare le esalazioni dei fanghi, nell'attesa di una soluzione definitiva a partire dai prossimi mesi. 
Accadimento che, costringendomi, a mia volta, a pochi secondi di apnea lungo il tratto che collega le piscine al centro del paese, mi ha sollevato qualche curioso interrogativo:
si è modificata la percezione dei fetori nel tempo o conserviamo la stessa dei secoli precedenti? 
Quanto influisce sulla nostra soglia di tollerabililità olfattiva la conoscenza della pericolosità o innocuità di un odore sulla nostra salute?
Una volta, quando l'igiene e la cosmesi erano quasi inesistenti, certe esalazioni erano percepite come fetori o come semplici, normali, odori? 
 
Amici Darfensi, vi riporto qui di seguito un estratto di una mia lettura recente, "Storia sociale degli odori" di Alain Corbin che esplora il panorama olfattivo delle città europee dal 1500 al 1700; spero vi incuriosisca - e magari diverta per le assonanze con il mondo industrializzato di oggi:

 "esisteva tutta una folta schiera di mestieri cittadini e di botteghe artigianali sorgenti perenni di puzzi intollerabili [...] che poteva persino provocare vere e proprie crisi isteriche che trovavano negli odori morbidi e gradevoli o pungenti interventi terapeutici".

Avvezzi come siamo a fragranze di balsami, saponi, detersivi, ammorbidenti, creme, shampoo, deodoranti, borotalco, gel, profumi, pensare che allora la puzza che si sollevava dalle città si combatteva con altri odori già definiti sgradevoli, ma considerati repellenti come pece, zolfo, corna di animali, unghie, peli, sterco bovino e scarpe vecchie bruciati, strappa una smorfia, per modo di dire, incredula. 

Inoltre, "[...] l'appiattimento della prospettiva storica stenta a ricostruire l'atmosfera e l'ambiente delle città del passato ritenendo che l’inquinamento sia una caratteristiche delle società industrializzate. Niente di più errato". 

Concludo giustificandomi per l'ironia del pezzo; non fraintendete: ha l'unico intento di suggerire - prima di tutto a me stessa - quanto ridere e insieme osservare certi fenomeni nei suoi effetti sociali, più o meno felici, valga come modo per sopportarli, comprenderli e accoglierli dal dentro, con più curiosità e meno sofferenza, forse. 

Ciò non toglie che quel che puzza...puzza!

Elena Zeziola

PS: Resto con voi tutti in attesa di una tempestiva risoluzione.