Sbatti il mostro in prima pagina (e dicci pure dove abita)

Indagate le figlie della ex vigilessa scomparsa a Temù. Ma è davvero una notizia?
Guardate i servizi, leggete gli articoli: retroscena, indiscrezioni, e il mitico "fonti giornalistiche sostengono che", ovvero il giornalista che cita se stesso.
Delle due indagate sappiamo già tutto: età, luogo di residenza, situazioni affettive.
Provate a fare questo esercizio: sapete ricostruire, dalle informazioni pubblicate su di loro, il codice fiscale delle due? Vedrete che, se non ci riuscite, ci potete andare molto vicino.
La porta della casa di una delle due viene inquadrata praticamente ogni giorno (anche se qualche giornalista, nello scrupolo di controllare le fonti, parla di case in via Ballardini a Villa Dalegno).
"Le voci circolavano già dal giorno della scomparsa", dice il cronista. E allora perché non alimentarle con un po' di speculazioni?
La procura tace, i carabinieri non rilasciano dichiarazioni: e allora dentro un bel servizio sulle persone del paese che dicono che le due erano delle ragazze schive, con il passante preoccupato perché ad una notizia così non ci si vuole credere.
Se le due fossero innocenti, potremmo sempre dirci che in fondo si è scherzato, e che in un qualche servizio o articolo di fondo è stato ribadito con serietà che l'iscrizione al registro degli indagati non equivale alla colpevolezza (magari subito dopo aver alluso a quella, nello stesso paginone di giornale o nella stessa edizione del TG). Se due fossero colpevoli, il diritto di cronaca ci farà da foglia di fico, diventando diritto a dire e mostrare tutto, con dicerie e pettegolezzi in prima pagina. 
Viva la libertà di stampa.

Ivan Faiferri