Nati nel posto sbagliato. Gli artisti camuni che devono emigrare

Vivi in Valle Camonica? Hai la passione per una qualsiasi forma d’arte? Sei ambizioso/a e determinato/a nel voler fare strada in questo settore? Allora prendi l’arte e mettila da parte. Da un’altra parte. Non qui. Il nostro territorio, infatti, non risulta molto aperto alle arti meno tradizionali, ma forse nemmeno a quelle. La street art è usurpazione di suolo pubblico anche se c’è un bando che attesta la commissione, la letteratura è interessante ma se non hai scritto un libro sulla Valle cosa l’hai scritto a fare? 
Chi ha fatto dell’arte il proprio mestiere è costretto a fare fatica, a chiedere e cercare di farsi avanti. Ad essere respinto, ad andarsene altrove.
«Paradossalmente, faccio meno fatica ad inserirmi nel mondo fuori dalla Valle che non qui. Mi chiamano più volentieri dalle altre parti» commenta Marta, classe 1991 e disegni coloratissimi del portfolio. Qualche muro in giro gliel’hanno affidato e non può che esserne contenta. Marta sapeva perfettamente di voler vivere di arte quando ha terminato l’Accademia e si è dovuta ingegnare perché non c’era una strada vera e propria da poter seguire. Pietra dopo pietra, si è creata il proprio percorso. Si è costruita un nome, dei contatti, lavora su commissione e ciò le permette di superare i tanto menzionati confini valligiani, le colonne d’Ercole camune, per portare la street art in Europa.
«Vorrei che l’arte di domani trovi un terreno più fertile nel quale germogliare, sia qui che fuori. Non è facile fare l’artista». Marta guarda al giorno che verrà ed esprime il desiderio che le nuove generazioni non smettano di seguire le proprie passioni, nonostante tutto. E che quel “tutto” smetta di sussistere. Marta è solo un nome di fantasia, perché l’artista era scettica: «E se poi non mi danno più nemmeno quelle poche commissioni?» 
Poi non abbiamo un problema. 

Nicola Ballarini si definisce «il camuno più normale che ci sia» visto che porta avanti una tradizione antichissima, facendo ancora i graffiti. Al tempo stesso, però, si definisce «l’artista nato nel posto sbagliato». Due definizioni in contrapposizione tra loro, ma sicuramente appropriate se navighi nel mondo artistico. E cerchi di non annegare. 
Nicola si è avvicinato all’arte restando affascinato di fronte ai treni dipinti che prendeva per andare a scuola. Da quel momento in poi non ha più mollato il blocco da disegno. Le sue opere hanno avuto successo, dai nasi che diventano espressione dell’impossibilità del fare ad un muro dipinto in un ospedale pediatrico bielorusso. Elencarle tutte sarebbe impossibile. È successo che, ancora una volta, ha avuto maggior risonanza al di fuori del nostro piccolo mondo felice. «Prova a pensare a delle persone che si sono contraddistinte in ambito artistico, ma anche nella musica o nella letteratura. Forse qualcuno c’è, un paio magari ti vengono, ma non di più. Ci scommetto. Sai qual è il problema? Che siamo molti di più». 

Tanti ma invisibili, coltivano il proprio talento in altri luoghi. Il mondo esterno è pronto alla loro arte, il contesto locale no. Li guarda con diffidenza, non capisce le loro opere, la loro creatività. «Le persone talentuose non vengono considerate. Lo sguardo è perennemente volto all’esterno» è questo quello che dicono gli artisti locali, costretti ad emigrare con i loro pennelli. Ci troviamo in una Valle aperta, che guarda agli artisti provenienti dal fuori e presenta qualche amnesia rispetto a quelli locali. Chi sono? Dove si trovano? Non ci è dato sapere.