Se la mobilità sostenibile non parte dal nostro cervello

Incrociando le dita, il periodo di lockdown sembra terminato. Nonostante gli evidenti disagi, il confinamento si è contraddistinto per alcuni aspetti sorprendenti. 

In primo luogo, con la “scusa” dell’attività sportiva abbiamo avuto l’occasione di esperire a fondo l’area geografica del nostro comune e di quelli limitrofi, ampliando il nostro punto d’osservazione, in quanto costretti a scegliere strade e sentieri che diversamente non avremmo percorso, da attraversare lentamente, senza fretta, in maniera pulita, camminando, correndo o pedalando. Tali azioni, oltre all’aumento del benessere fisico, hanno stimolato nuove forme di cura del territorio, o perlomeno di affezione: molte persone hanno iniziato a pulire dai rovi i sentieri dietro casa, facendo un servizio indispensabile a tutti, qualcuno si è unito ai ploggers per raccogliere i rifiuti abbandonati in natura, altri hanno semplicemente (ri)stabilito un rapporto d’amicizia con l’ambiente vicino, in passato troppo spesso tradito e abbandonato.

In secondo luogo, la drammatica assenza di eventi e luoghi d’incontro serali ha moltiplicato esponenzialmente quelli online, sugli argomenti più disparati. Riunioni, webinar e incontri a cui, in una situazione di normalità, non avremmo partecipato si sono presentati sui nostri social network a distanza di un clic. Tanto che, lì per lì, avremmo partecipato a tutti, salvo poi dimenticarcene pochi secondi dopo, di fronte all’ennesimo articolo o contenuto che il nostro algoritmo aveva deciso di mostrarci. Tuttavia, l’evidente disagio di fronte all’enorme quantità di proposte delle rete non ci ha impedito di visionare quelle dei nostri conterranei, anzi, per certi versi la curiosità e l’esigenza di ritrovarsi in piazza, anche se virtualmente, sono state leve molto importanti nel determinare il successo di varie iniziative locali, a maggior ragione se di qualità. La rassegna di 4 incontri denominata “Coltiviamo il futuro”, curata dal Bio-distretto di Valle Camonica e dal suo ramo giovanile, in collaborazione con Legambiente Vallecamonica e il Circolo culturale Ghislandi, ne è stato sicuramente un esempio vincente.

Proprio a partire dall’ultimo incontro, intitolato “Non perdiamo il treno della mobilità sostenibile”, che ho avuto l’onore di condurre, vorrei muovere alcuni ragionamenti. 


AUTOMOBILI

Come sappiamo, le limitazioni imposte dal governo hanno avuto vari effetti sulla salute di tanti, negativi e positivi; uno dei vantaggi più interessanti è stato la riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto alla limitazione della circolazione in auto, fenomeno che, secondo alcune stime, potrebbe aver salvato un numero di vite superiore rispetto a quello delle vittime della pandemia. 

Ora che siamo ripartiti, discutere di mobilità sostenibile diventa ancora più urgente, vista la ripresa del solito traffico, che per il nostro territorio significa quotidiani rallentamenti sulla statale 42, così come nei centri abitati, con effetti molto invadenti: si pensi per esempio all’aria costantemente irrespirabile del corso centrale di Breno, o in prossimità dei semafori di Boario e Corna. 
Confinati dentro i loro quadratini virtuali, gli ospiti che hanno brillantemente dibattuto durante la serata sono: Valentina Bassi (legambiente Vallecamonica), Dario Furlanetto (biologo, presidente di Italia Nostra di Valle Camonica, ex-direttore del Parco dell’Adamello), Giovanni Tosana (Presidente del Bio-distretto di Valle Camonica), Giacomo Pellegrinelli (gestore River Oglio Bike Bar a Boario), Fabrizio Delprete (esperto promotore della mobilità ciclistica, referente per la mobilità attiva di Legambiente Lombardia, presidente del circolo Legambici di Milano). Ne è emerso un quadro complesso, pieno di criticità, affascinante per le possibili soluzioni. 
L’inquinamento della auto private, sommato a quello del trasporto su gomma di tutte le merci del comparto industriale e all’alto consumo di legna e idrocarburi per il riscaldamento domestico, portano ad avere in bassa Valle dei tassi di presenza di polveri sottili estremamente elevati: il tutto ben accolto da una valle che come un cul-de-sac trattiene lo smog, portato anche dai venti che soffiano da sud verso nord. In provincia di Brescia ci sono circa 60 automobili ogni 100 abitanti, la media della Lombardia è di 53, quella della Valle sopra i 60.

Se togliamo i minorenni e i non patentati, praticamente quasi tutti possiedono un’automobile. Come sottolineato da Valentina Bassi, solo ¼ degli spostamenti esce dalla Valle: rappresentiamo un mondo auto-confinato. S’aggiunga che l’elevatissima motorizzazione di massa ci ha tolto il senso di comunità, ci ha tolto la coscienza del paesaggio, dello spazio pubblico. 
Viaggiamo in media in 1,2 persone per auto (con il 71% dei percorsi sotto i 10km), siamo chiusi all’interno di questi abitacoli climatizzati pensando sia la cosa migliore del mondo e di non avere alternative, invece le alternative esistono. 

Diventa pertanto impellente riprogettare radicalmente la mobilità, con l’obiettivo di ridurre al massimo la circolazione dei veicoli privati e quindi le emissioni di inquinanti, tanto più che siamo riserva della biosfera. Sì, ma come?

TRASPORTO PUBBLICO

Potenziare i mezzi di trasporto pubblici è sicuramente una delle strade da seguire, bisogna capire come, soprattutto con quale strategia. In Valle Camonica abbiamo 6 aziende di trasporto pubblico più la ferrovia, ha spiegato Valentina Bassi, bisognerebbe migliorare il sistema informativo e le coincidenze tra vari settori, tuttavia i servizi che ci sono spesso non si conoscono e non sono utilizzati. Inoltre, si rende necessario un cambio di mentalità, a partire da programmi educativi all’utilizzo del trasporto pubblico e alla consapevolezza dei costi elevatissimi delle auto private: circa 5mila euro all’anno (assicurazione, bollo, manutenzione, parcheggi, rifornimento), senza considerare i costi d’acquisto. Le persone percepiscono come un diritto inalienabile parcheggiare l’automobile sempre, comunque, dovunque e possibilmente anche gratis – ha chiarito lapidario Delprete - questa cosa non esiste in molte parti d’Europa: vanno tutti in bici, sono più sani e il sistema sanitario è meno appesantito. Il lavoro da fare è quello di riequilibrare le percentuali di traffico tra le diverse modalità di trasporto, perché con la transizione ecologica (necessità impellente), non possiamo più permetterci questa polarizzazione sul trasporto privato. Se infrastrutturassimo il paesaggio affinché le automobili che viaggiano abbiano una media di persone obbligatoriamente più alta di quella attuale avremmo già risolto un grosso problema, ha aggiunto l’esperto. Le nostre città sono diventate parcheggi a cielo aperto con automobili ferme il 95% del tempo, che fanno paesaggio e spesso impediscono lo sviluppo e la ripresa del commercio di prossimità.

IDROGENO

Sul futuro ad idrogeno della Valle Camonica ha fatto enorme chiarezza Dario Furlanetto, avviando il ragionamento dall’enorme quantità di energia green che produciamo, della quale tratteniamo solamente il 10%, mentre il restante 90% viene esportato. Sarebbe quindi più conveniente trattenerla a nostro vantaggio: usarla per produrre idrogeno è una concreta possibilità, purché sia idrogeno verde naturalmente, senza impatto ambientale, l’unico che non rappresenta una presa per i fondelli (a differenza di quello grigio, marrone e blu). Detto questo, ha continuato Furlanetto, non è la panacea di tutti i mali, in quanto per produrlo si spreca molta energia elettrica, perdita che ci si può permettere nel momento in cui si dispone di molta energia. Inoltre, l'idrogeno è il vettore ideale per decarbonizzare mezzi molto pesanti senza doverli sostituire, per quanto riguarda i treni, il ragionamento vale solo laddove le linee non siano già elettrificate. Nel nostro caso, elettrificare la linea Brescia-Iseo-Edolo prevederebbe un costo complessivo di circa 110 milioni di euro, oltre a un fermo linea di circa 2 anni. Il rischio è che si fermi la linea, la si sostituisca con i bus e poi non la si riapra più. Per di più si tratterebbe di investimento da fare tutto e subito. Invece il passaggio all’idrogeno ha dei vantaggi: 
1- Ce lo possiamo produrre in casa con una piccola parte di quella energia elettrica che vendiamo fuori Valle senza trarne grande beneficio 
2. Non fermeremmo la linea nemmeno per un'ora.
3. L'investimento è flessibile, non è necessario cambiare tutti i treni subito, ma si possono cambiare uno alla volta iniziando a sostituire le vecchie littorine.
4. Non è necessaria alcuna modifica alla linea.
Attualmente, i treni sulla linea Brescia-Iseo-Edolo consumano 690mila litri di gasolio all'anno e di conseguenza 1.826 tonnellate di anidride carbonica, polveri sottili, ossidi eccetera. Se poi aggiungiamo i traghetti del lago d’Iseo (580mila litri di gasolio all’anno) con motori ben più primitivi rispetto a quelli dei treni e i 3milioni di km/anno dei bus delle linee camuno-sebine (750 mila litri all’anno di gasolio), il livello di emissioni sale alle stelle.

Il progetto H2ISeo di Trenord, nella sua prima fase comprende 6 treni e una centrale a Iseo per la produzione d’idrogeno blu, si teme addirittura che sarà grigio, si spera verde. Nel piano della Comunità Montana e del Bim Vallecamonica, sono previste altre 3 centrali: Edolo, Darfo (anche per bus), e Pisogne. Saranno coinvolti anche autobus e traghetti in un progetto integrato.

Sulla necessità che l’idrogeno sia verde ha rincarato la dose anche Delprete: “Se sull’idrogeno ci sono giganteschi interessi e si teme che venga prodotto idrogeno grigio, non vale la pena fare una battaglia molto forte su questo? Non dobbiamo accettare nulla fuorché l’idrogeno verde. Altrimenti non ha alcun senso. Ci vuole maggior impegno nei business plan ferroviari, forse elettrificare la linea in questione non è un’idea da escludere, si può innovare anche in questo senso.”

PISTE CICLABILI – MOBILITA’ INTERNA E TURISMO

Potenziare le piste ciclabili e l’utilizzo delle biciclette è una delle soluzioni più efficaci contro traffico e inquinamento, per di più la bici è l’unico veicolo che ha senso muovere elettricamente, un veicolo ibrido, muscolare/elettrico, pienamente sostenibile, perché di ridotto impatto sulla filiera del litio che è terrificante. 

Che valorizzare il territorio con le piste ciclabili sia un’idea sempre valida, è stato ribadito anche da Gianni Tosana, alle prese con il progetto della pista ciclo-pedonale d’alta quota, inizialmente Alta Via del Silter, poi Grande Via dei Parchi, che dovrebbe collegare Tirano alla Valle Camonica e al lago di Garda. Un percorso progettato come Bio-distretto in collaborazione con vari enti, nato dall’esigenza di valorizzare le malghe, che la pista dovrebbe collegare. Un progetto con una visione ampia, addirittura di collegamento tra nord Europa (Germania, Austria e Svizzera) e la Valle, fino al lago d’Iseo. 

A proposito di infrastrutture, la nostra ciclabile dell’Oglio, ha evidenziato Giacomo Pellegrinelli, è stata pensata come turistica, poi è diventata anche struttura di mobilità interna. Infatti in questi mesi, perlomeno nel tratto tra Boario e Esine, la pista ha avuto un “eccesso di successo” (con problemi di convivenza tra bici e pedoni), ma quasi esclusivamente nel weekend, molto poco in settimana per andare al lavoro o a scuola. Perché non vederla e ripensarla come una struttura di mobilità interna sostenibile che poi, di conseguenza, diventa turistica? Pellegrinelli suggerirebbe di iniziare colmando alcune lacune: la possibilità di andare in bici in ospedale e poter parcheggiare in apposite rastrelliere, un miglior collegamento tra la stazione dei treni di Boario e la pista ciclabile (e quindi accogliere più bici nei treni), la creazione di altre piccole infrastrutture turistiche, per esempio dei punti di sosta green con possibilità di attendamento. 

I dati rilevati dai nostri smarphone ci restituiscono un quadro preciso dello stato dell’arte della mobilità sostenibile in Valle: per andare a scuola o lavoro il 5% o 10% dei cittadini usa la ciclabile, mentre il treno è utilizzato intorno al 1% o 2%. La ciclabile vale 5 volte il treno!  

Secondo Delprete, se il treno e gli autobus sono poco usati e falliscono, perdiamo la possibilità di sviluppare il trasporto collettivo, che è un bene democratico, orizzontale. Il treno perde perché l’auto è fortemente incentivata. Se il trasporto collettivo funzionasse bene in intermodalità e in multimodalità con la mobilità ciclistica, quei 5mila euro all’anno del “costo automobile” li potremmo spendere in vacanza. È necessario lavorare sulla demotorizzazione soprattutto, perché l’idrogeno ha dalla sua solamente quel 1% o 2%. La sostenibilità è prima di tutto il senso di comunità (il non sentirsi soli), poi arriva la tecnologia. Trenord aveva vietato le bici nei treni perché in alcuni orari i rider li assaltavano. Si tratta di utenti, clienti paganti – ha ribadito Delprete - basterebbe smontare le sedute per fare spazio alla bici, per i rider e anche per tutti gli altri. Ora come ora si fatica a capire quali treni accolgono le bici e quali no.
 
Tuttavia, ha sottolineato Furlanetto a proposito di intermodalità di viaggio tra mezzi pubblici e bici, se non c’è una richiesta corale di caricare bici sui mezzi, le società non si adeguano. Naturalmente bisogna migliorare le performance della ferrovia per aumentare l’utilizzo del treno. Fare meno fermate e aumentare la velocità, rendere il viaggio in treno competitivo. Nel nostro caso non 50 fermate ma 5, in modo che pullman e traghetti (magari ad idrogeno) possano fare la finitura. I traghetti ora viaggiano vuoti, ma potrebbero servire a ridurre traffico e a movimentare tutto il lago, presto una nuova pianificazione del trasporto sarà presentata. Serve un sistema integrato Treno-bici-pedone-bus-traghetti, sarebbe una soluzione che fa risparmiare tempo, efficace e di rilancio turistico. 

Una delle soluzioni più interessanti raccontate durante la serata è stata pensata in Svizzera. Si tratta di panchine condivise, dette “Mitfahrbänkli” (per condividere una corsa), dipinte di colori accesi, dove se uno si siede significa che sta aspettando un passaggio: “You’ll never drive alone” (non guiderai più da solo) dice l’app dedicata, dove si trovano direzioni e regolamento. In questo modo gli scarsi collegamenti pubblici con le zone marginali vengono colmati. Per di più, grazie a iniziative come questa si è comprovato come le persone diventano più flessibili, aumentano il senso di comunità facendo anche crescere l’uso del trasporto pubblico.
Il costo di un’iniziativa di questo tipo è bassissimo, secondo voi funzionerebbe in Valle Camonica? Che cosa stiamo aspettando? Non avremo mica paura di scoprire di poterci fidare degli altri?