Bastava chiedere! 10 storie di femminismo che parlano anche di te

Titolo: Bastava chiedere! Dieci storie di femminismo quotidiano 
Autrice: Emma Clit
Editore: Laterza

Emma Clit avrebbe potuto scrivere un saggio, ma non l’ha fatto. Ha preferito, invece, un graphic novel per smontare la complessità delle dinamiche sociali. Il linguaggio utilizzato è quello dei baloon e, di fumetto in fumetto, l’autrice e illustratrice comunica concetti forti, fortissimi. Talmente potenti da bruciare sulla pelle di chi legge, perché è impossibile non ritrovarsi in alcune - se non nella maggior parte - delle situazioni narrate: siamo state tutte Emma o una delle sue amiche, almeno una volta nella vita. E non ce ne siamo accorte. 
Sta proprio qui la forza di questo saggio a fumetti: nello squarciare il velo della consapevolezza, nello scoperchiare il barattolo della normalità e farci guardare dentro. Cosa troviamo? Tutto il patriarcato nel quale siamo immerse. 
Emma affronta tematiche con le quali le donne convivono quotidianamente, dal carico mentale alla manipolazione emotiva nella quale si fa credere ad una persona ferita che è lei ad essere nel torto, passando per i commenti sessisti ai quali si è esposti già dalla prima infanzia, il momento in cui tutto è rigidamente diviso in bambole e macchinine, tutù vaporosi e palloni da calcio.
Fin dai primissimi anni di vita, le nostre emozioni subiscono uno stretto controllo sociale: se sei maschio non puoi piangere, potresti perdere la tua tanto preziosa virilità. Se sei femmina, devi essere graziosa e tranquilla, sederti composta e comportarti “da signorina”. Le cose non migliorano crescendo, la spontaneità con la quale si manifestavano le emozioni viene meno e ci si impegna in un estenuante lavoro emozionale nel quale moduliamo le nostre emozioni in funzione delle aspettative altrui. Spesso, diciamo esattamente il contrario di quello che pensiamo.
 «Sei arrabbiata?»
«No» e intanto ribolli dentro ma, per il quieto vivere, non dici nulla. Che poi quel quieto vivere non sia mai il tuo è un’altra storia. «Se si esprime ciò che si sente, l’atteggiamento verrà sempre ricondotto alle emozioni, o ad un “problema”. Ma il problema sarà sempre nella nostra testa o nel nostro corpo, mai all’esterno».

Leggendo il graphic novel di Emma veniamo catapultati nella nostra quotidianità tanto da trovarci ad esclamare “ma sono io!” divorando le pagine in un paio d’ore. 
Ma se la lettura è veloce, ci vogliono giorni per digerirlo e forse non basta una vita per comprenderlo. Ci accorgiamo che quelli che pensavamo fossero problemi solo nostri sono invece universali: non siamo le uniche a ricevere in risposta un «bastava chiedere!» dal divano quando ci lamentiamo per la lavatrice ancora da stendere o i piatti ancora a mollo nel lavandino. 

Michela Murgia, nell’introduzione del libro, scrive: «Se era vero che mia nonna aveva le chiavi di casa, era altrettanto vero che non ne usciva mai. Ci sono voluti anni di femminismo letto, condiviso e agito per capire che quello che avevo sempre sentito chiamare benevolmente matriarcato era in realtà semplice matricentrismo e non descriveva per nulla il comando occulto delle donne, ma la responsabilità palese che esse erano costrette ad assumere per reggere un sistema di potere che era e rimaneva profondamente patriarcale».
Penso non ci sia altro da aggiungere. 

Maria Ducoli