"La Cgil contro i particolarismi della politica" di Domenico Ghirardi

Piangiamo in queste ore la morte di Domenico Ghirardi, ex segretario della Cgil Valle Camonica Sebino. Lo ricordiamo con un suo scritto tratto dal numero 98 di Graffiti (ottobre 2001): una riflessione politica che, vent'anni dopo, può continuare a farci discutere e ragionare.
Grazie Domenico.

Le vicende legate all’Asl, alla viabilità e ai trasporti in generale, al Parco e alla promozione dello sviluppo del territorio stanno infuocando il clima politico mettendo sempre più in evidenza una
drammatica realtà. Il nostro territorio, sul piano politico è già di per sé marginale e difficilmente riesce a pesare e a condizionare gli scacchieri dei centri decisionali dove si assumono le scelte e si definiscono le priorità degli interventi. Se poi aggiungiamo le divisioni politiche (e le “beghe da pollaio”), ne vien fuori una situazione tutt’altro che confortante.
Le diatribe spacciate per confronto politico spesso e volentieri nascondono interessi personali, e fanno venire a galla un modo di far politica che uccide l’interesse generale pur di far emergere quello particolare. E così, mentre qui ci si scanna per conquistare o conservare certi posti (per anteporre scelte di campanile all’interesse generale), ai livelli superiori hanno gioco facile, nel cambiare gli ordini e le priorità degli interventi.
Non è certo compito del Sindacato dirimere le diatribe politiche, tuttavia, avendo a cuore la soluzione di alcuni dei problemi fondamentali per lo sviluppo del nostro territorio, ci sentiamo in dovere di lanciare un segnale, un grido di allarme: così non si può andare avanti!
Occorre maturare una visione della politica che abbia al centro una certa etica, occorre costruire e svolgere un’azione unitaria che travalichi i confini di questa o quell’altra maggioranza, se si vuole che alcuni problemi del nostro territorio possano essere realmente affrontati. Non è più accettabile che il nostro territorio sia trattato in maniera tanto marginale.
Alla vigilia degli appuntamenti elettorali le promesse fioccavano. Sulla viabilità, per esempio, il Presidente Formigoni veniva in Valle a dirci di aver finalmente trovato i 500 miliardi necessari per completare i cantieri aperti sulle Statali 42 e 510. La realtà purtroppo è un’altra, i cantieri si sono fermati e l’ordine delle priorità è cambiato: strumentalizzando alcune difficoltà di ordine progettuale e ambientale (incisioni rupestri, varianti in corso d’opera, svincoli, lavori eseguiti in difformità al progetto, etc.) le risorse destinate al completamento delle nostre infrastrutture viarie sono state dirottate per completare altre opere sul territorio lombardo.
Mentre ci veniva detto che il Governo centrale, a Roma, non si decideva a scegliere la destinazione delle risorse, in certe stanze si definivano altri ordini di priorità, e noi in Valle a scannarci in beghe di campanile, piuttosto che mobilitarci in un’azione unitaria che mettesse fine a questi giochetti e impegnasse i responsabili ai vari livelli attorno ad un unico tavolo, per definire una buona volta scelte di intervento rispettose dell’ordine delle priorità.
Sarebbe infine interessante approfondire anche altre questioni: dal futuro dell’Asl di Vallecamonica, alle vicende del Parco, fino alla prospettiva della Società unica dei servizi sul nostro territorio: vicende
che fanno trasparire con grande evidenza la difficoltà della politica a fare sintesi. E nelle divisioni (che riguardano un po’ tutti gli schieramenti) questa triste situazione finisce per frenare l’attuazione di scelte che prefigurano l’interesse generale, facendo emergere interessi particolari che a loro volta disgregano ulteriormente il tessuto politico.
Occorre allora maturare la consapevolezza di come, quando si conta poco e si è per di più divisi, si finisce per essere trattati dai centri di potere nel modo che conosciamo. Abbiamo quindi bisogno
di riconoscere e sostenere con convinzione, al di la delle singole appartenenze politiche, quanti hanno ricevuto il consenso popolare e rappresentano il nostro territorio ai vari livelli. Dobbiamo spronarli all’azione e chiedere loro conto di cosa hanno saputo fare o quali ostacoli si frappongono alla soluzione dei vari problemi, anche per mettere in campo la necessaria azione unitaria per sostenere l’iniziativa politica.
Non abbiamo bisogno di personaggi che, mostrando di pensare più al tornaconto del partito che ai problemi del territorio, ci inondano di slogan e manifesti che sbiadiscono in poco tempo. L’autorevolezza ed il consenso politico si conquistano e si riaffermano con i fatti, non attraverso la propaganda politica. E viene spontaneo chiedersi il perché non si è dato corso ad alcune scelte di programmatica (già definite nei piani Socio-economici delle Comunità Montane).
La risposta all’interrogativo è, almeno in parte, contenuta nelle valutazioni che ho cercato di evidenziare. Occorre poi evidenziare come un conto sia indicare un percorso, e altra cosa sia l’avere i poteri e le competenze per poter nei fatti realizzare le scelte di programmazione generale a cui si è pervenuti...
Evidentemente servirebbe anche una semplificazione nel funzionamento delle Comunità Montane, partendo da uno snellimento del numero dei componenti l’assemblea, per arrivare ad una azione politica che miri ad ottenere dalla Regione e dalla Provincia deleghe e competenze che permettano di rivitalizzare la funzione dell’Istituzione sovracomunale sul territorio, ponendo fine a scorciatoie di certe pseudo “Unioni dei Comuni”, che rischiano di frenare l’attuazione di una politica di programmazione, piuttosto che promuoverla.
In buona sostanza, cerchiamo di finirla con le “beghe da pollaio” e poniamoci seriamente l’obiettivo di unire le forze per poter dare soluzioni ai problemi.
Diversamente, sarà proprio il caso di ricordarci l’antico proverbio: "chi è causa del suo mal pianga sé stesso".