Philippe Daverio, per seguir virtute e canoscenza

Domenica 24 Ottobre 2010 si è conclusa la seconda edizione di Archeoweek con la presenza di uno dei maggiori critici d’arte (conduttore su Rai Tre del programma di successo “Passepartout”) Philippe Daverio, accompagnato da uno dei più importanti archeologi, Emmanuel Anati, presso la Cittadella della Cultura di Capo di Ponte.


La prima cosa che ho gradito è stata la semplicità con cui Daverio si è avvicinato a temi artistico-culturali anche complessi, tutto questo espresso in una lingua italiana corretta, di una bellezza ed eleganza d’altri tempi, ben lontano dai dibattiti e strafalcioni che ogni giorno sentiamo in TV. Da questo incontro sono scaturite alcune considerazioni:

  • Le incisioni rupestri dei nostri antenati camuni sono a tutti gli effetti espressioni artistiche di alto livello e non semplici graffiti sulla roccia.
  • Grazie ai suoi studi E. Anati (che ricordiamo essere un archeologo di fama internazionale, specializzato in antropologia e scienze sociali all’università di Harvard, con dottorato in lettere alla Sorbona di Parigi, consulente per l’Unesco e professore di paletnologia) ha portato l’immagine della Valle Camonica in tutto il mondo. Il Centro Camuno di Studi Preistorici da lui fondato dovrebbe essere un vanto per tutti noi valligiani, mentre riceve solo un discreto appoggio dalle istituzioni locali.
  • Daverio ha sottolineato come la presenza di un sito Unesco in Valle sia una preziosissima risorsa da sfruttare dal punto di vista scientifico, culturale e turistico. Purtroppo non si è investito a sufficienza in questa direzione; un’opportunità persa soprattutto in funzione dell’occupazione giovanile. Purtroppo ancora una volta si sottolinea la mancanza sul territorio di un’apertura mentale e di una preparazione adatte a valorizzare al massimo questo patrimonio. Per dirla in breve, il lavoro fatto da tutte le amministrazioni locali, a partire dalla scoperta delle prime incisioni rupestri, non è risultato adeguato.
  • Da questa amara constatazione il discorso ha preso poi una direzione nazionale. In un momento storico che vede tagliare i fondi alla scuola pubblica, la cultura, l’arte, l’istruzione vengono viste come un qualcosa che limita lo sviluppo economico del Paese. Infatti in Italia, in controtendenza rispetto ad altri paesi europei come la Germania, si è deciso di sospendere molti dei finanziamenti volti a promuovere i processi culturali in tutti i loro aspetti, questo perché la cultura non fa produzione e non genera reddito. Un grave errore valutativo in quanto chi ha nozioni elementari di economia e finanza sa benissimo che è per mezzo dello studio, della ricerca, della specializzazione che si creano sviluppo e posti di lavoro! Crediamo forse di fare concorrenza al mercato cinese ed asiatico con la manovalanza? Una strategia sbagliata in partenza! Spero solo che qualcuno non preferisca un popolo di ignoranti, sicuramente più facile da controllare ed influenzare attraverso i media.
  • La conclusione è stata che la cultura va sostenuta in tutte le sue forme perché è grazie ad essa che l’uomo si sente libero di pensare, un invito rivolto in particolar modo ai giovani che non trovano spazio in questo vecchio Paese che tanto ha bisogno di rinnovamento a tutti i livelli.

Il sommo poeta Dante Alighieri nel 1300 l’aveva già scritto nella Divina Commedia: «Nati non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza».

Daniele Ducoli (da Graffiti n. 198, novembre 2010)

Foto: Luca Giarelli / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)