Al Referendum confermo il Sì (purché...)

Domenica e lunedì i cittadini italiani sono attesi alle urne per un Referendum confermativo di una modifica della Costituzione approvata ad ampia maggioranza parlamentare: ci viene chiesto se condividiamo la loro scelta di auto-ridursi come platea, dalla prossima Legislatura, a 400 Deputati alla Camera (dagli attuali 630) e 200 Senatori (115 meno degli attuali).

Il quesito è talmente semplice, secco, da rischiare di essere banalizzato. Ma è un voto, diritto e dovere di ogni cittadina/o, pertanto dobbiamo prenderlo sul serio ed invitare, prima di tutto, a scegliere di recarsi alle urne nel proprio seggio. Non c'è un quorum a vanificare il risultato: la quantità di rappresentanti dei cittadini alle Camere sarà così ridotta se gli scrutini faranno emergere un Sì più di un No.

Io ho scelto di approvare questa riforma. Voterò Sì, sapendo che non è un traguardo, ma il primo passo di una catena di cambiamenti. Sapendo che "dal giorno dopo" avremo lanciato ai partiti un chiaro messaggio di sostegno ad un percorso di adattamento del sistema politico ed istituzionale alla realtà di oggi e domani. 

Meno parlamentari, dovranno lavorare già un po' di più degli attuali, dovranno rappresentare bacini di persone più ampi, studiare di più, meritare di più la scelta dei propri partiti nelle candidature e l'eventuale espressione di preferenze, a seconda di come evolverà (perché deve evolvere, in direzione maggioritaria) la Legge Elettorale.  Dovranno dividersi di meno, evitare le frammentazioni in Parlamento "dal giorno dopo le elezioni", riorganizzare le Commissioni di lavoro, grazie ad un'auspicabile modifica dei regolamenti di funzionamento del Parlamento stesso.

Una eventuale vittoria del No rischia di essere interpretabile come un ennesimo messaggio di conservazione, se non inerzia, se non disinteresse dei cittadini verso l'organizzazione delle istituzioni e la loro efficacia legislativa e di governo. Sarebbe proprio una eventuale prevalenza del No a dare energia ai peggiori populisti che la destra italiana abbia mai partorito, conservativi e retrogradi, a danno di quella maggioranza di Governo che - con tutti i suoi limiti - si assume l'onere di timonare il Paese in una fase di stravolgimenti. Di grandi opportunità, nella culla europea. Fase politica che richiede stabilità e non una ennesima retromarcia.

Non mi convincono gli argomenti a favore del risparmio economico, bensì conto che un Parlamento meno pletorico possa essere più libero da piccoli veti e più rapido. Il Sì dice ai partiti: gli Italiani vogliono fare dei passi avanti verso la semplificazione, verso una scelta diretta del Deputato o Senatore nel collegio, verso una riconoscibilità più forte di partiti popolari e non nati da gemmazione conseguente al narcisismo di un esponente. 

Voto Sì, non senza qualche remora nel toccare la Carta Costituzionale, ma confermo il Sì, purché sia seguito da ulteriori cambiamenti coerenti. Sì, purché non resti una sterile sforbiciata. Sì, purché la domanda di sacrifici e cambiamenti rivolta "al palazzo" non resti lettera morta. 

Andrea Bonadei