Diario dalla valle rossa: Una società fragile

Sicuramente le aspettative che nutrivamo nei confronti del caro 2020 non erano di certo queste. Se inizialmente il problema maggiore sembrava essere comunicare l’importanza di scrivere l’anno per esteso non abbreviandolo a due cifre, oggi le preoccupazioni sono ben altre. Abbiamo visto incendi boschivi consumare parte dei polmoni della terra e poi subito dopo la diffusione del tanto temuto virus. Così abbiamo assistito a direttive, a decreti, a informazioni strettamente sanitarie, alla ricerca, all’emergenza economica, alla sospensione di attività di ogni genere e al bombardamento quotidiano di notizie attraverso ogni mezzo di comunicazione a qualsiasi ora del giorno. Fu così che in meno di un mese la nostra grandiosa e occidentale società si è letteralmente paralizzata, facendo ogni giorno il conto delle vittime. Globalizzazione, capitalizzazione, modernità, consumismo, moda, ricchezza, sfarzo hanno immediatamente perso ogni tipo di valenza che quasi scappa una risata alla pubblicità del profumo.


Ho poco più di vent’anni e io, come i genitori e come i fratelli più piccoli, da un decennio vivo ormai in una stabile era tecnologica dove la connessione ad internet è ormai accessibile a tutti. Non solo: dirige e orienta la nostra vita, o per meglio dire, le nostre scelte. Scegliamo come vestirci in base all’app del meteo, scegliamo come spostarci a seconda del traffico indicato sulle mappe, scegliamo se visualizzare o no i messaggi degli altri, se accettare o no le loro richieste di amicizia, a chi inoltrare informazioni, cosa comunicare agli altri… Ebbene ai tempi del coronavirus non c’è nessun tipo di applicazione in grado di dirci cosa fare o come farlo, partecipiamo alla distruzione della superficialità e alla caduta di una società fragile. Siamo fatti di digitale, di pulsanti e non sappiamo più come passare il tempo in casa ora che anche i social annoiano. Abituati a vivere nella frenesia, nella corsa, nelle scadenze e nelle consegne c’è fatica anche a vivere le relazioni casalinghe così come sono, per quello che sono.
Chiaramente non sto mettendo in dubbio la gravità della situazione ed esprimo cordoglio per quanti colpiti, tuttavia leggo una leggera ironia rispetto al fatto che sia stato proprio il cosiddetto “villaggio globale” e la fluidità di cose e persone a fare in modo che il virus arrivasse a noi. Qualcuno in passato disse che la natura vive di autoregolazione e crea le sue trappole per mantenerla. Questa situazione non è di certo alla portata di Malthus ma, in un certo senso, il sistema odierno di “società poco sociale” sembra essere collassato su se stesso.
Allora l’invito ai giovani, agli adulti, a tutti noi che poco siamo stati socializzati all’umanità, o forse poco ce ne ricordiamo, alla solidarietà, alla voce, al conforto, all’amore, alle persone, alle confidenze, alla preoccupazione per la famiglia, all’affetto e a vivere tutte le emozioni del caso perché stavolta proprio non possiamo evitare, ma dobbiamo necessariamente affrontare. L’invito è anche quello che proprio il vivere tutto ciò ci possa rendere più clementi, più tolleranti e più empatici verso chi già prima soffriva e chi soffrirà dopo.
Simona Picinelli