Precari, giovani, donne: il lavoro che vogliamo è stabile e giusto

Uno sguardo all’Assemblea delle Assemblee di CGIL Valle Camonica 


Nella mattinata di lunedì 5 maggio, presso le Terme di Angolo Terme, si è tenuta l’Assemblea delle Assemblee delle categorie della CGIL Valle Camonica Sebino. Un incontro necessario, dove si è riflettuto sulla condizione del lavoro in Italia e sull’importanza del voto ai referendum dell’8-9 giugno 2025. In un tempo in cui la democrazia appare fragile, minacciata da derive autoritarie, razziste, sessiste e diseguali, il voto diventa un atto di resistenza. Un gesto che può trasformarsi in strumento di cambiamento concreto.

Tra le voci che sono intervenute durante l’Assemblea, ci siamo state anche noi: la sottoscritta, in veste di cittadina, lavoratrice, attivista femminista intersezionale, rappresentante della Collettiva Donne e Arte e vicepresidente di EquAnime, e Laura Pe, attivista queer e femminista, anche lei rappresentante di EquAnime. Nel nostro intervento abbiamo voluto portare l’attenzione su una ferita profonda del nostro mercato del lavoro: la disoccupazione femminile e giovanile. Un problema che affonda le sue radici in strutture diseguali e in un sistema che continua a escludere intere fasce della popolazione.

Disoccupazione giovanile: una generazione sospesa

Come sempre in questi casi, i dati parlano chiaro. Secondo l’ISTAT, a marzo 2025 la disoccupazione giovanile in Italia – tra i 15 e i 24 anni – era al 19%, in crescita rispetto al mese precedente. Siamo ben oltre la media dell’Eurozona (14,2%) e lontani da Paesi come la Germania (6,3%). In Italia, entrare nel mondo del lavoro è ancora un percorso accidentato per tanti giovani. Il disallineamento tra le competenze acquisite e quelle richieste, la mancanza di formazione tecnica, la diffusione di contratti precari e sottopagati, sono solo alcune delle cause.
Il risultato? Giovani costretti a posticipare l’autonomia, a vivere con poche prospettive, spesso costretti a emigrare o ad accettare lavori instabili. Tutto questo rappresenta una perdita enorme anche per il Paese: meno produttività, meno innovazione, meno futuro.

Donne e lavoro: escluse o sfruttate

La situazione non è migliore per le donne. A inizio 2025, il tasso di occupazione femminile era fermo al 53,5%, contro il 72% degli uomini. Il gender pay gap (la differenza di salari tra uomo e donna, a parità di mansioni) resta un ostacolo concreto: a parità di lavoro, le donne guadagnano in media il 5,6% in meno, ma la forbice si allarga fino al 40% tra i laureati, secondo dati recenti.
A questo si aggiunge la diffusione del part-time involontario, le carriere interrotte dalla maternità e dal lavoro di cura, la scarsità di servizi pubblici come asili e supporti per la genitorialità. Gli stereotipi di genere, ancora ben radicati, confinano le donne in settori meno retribuiti, e il soffitto di cristallo continua a impedire l’accesso alle posizioni decisionali - alla fine, non serve a nulla avere una donna al potere se si comporta esattamente come un uomo!

Referendum di giugno: un’opportunità concreta

Il legame tra queste problematiche e i referendum dell’8 e 9 giugno è diretto. Due quesiti in particolare toccano nodi centrali del mercato del lavoro:

  • Il primo chiede di reintrodurre il reintegro per chi viene licenziato ingiustamente, nelle imprese con più di 15 dipendenti.
  • Il terzo vuole eliminare la possibilità di stipulare contratti a termine senza giustificazione, reintroducendo l’obbligo di indicare una causale.

In un Paese dove oltre 2 milioni di persone hanno contratti a termine – e dove giovani e donne ne sono i principali destinatari – dire “” a questi quesiti significa provare a invertire la rotta. Significa restituire diritti, stabilità e dignità a chi lavora. Significa contrastare l’abuso di contratti precari, promuovendo un mercato del lavoro più giusto.

Democrazia è partecipazione

Questi referendum rappresentano una possibilità concreta per cambiare le regole del gioco. Ma soprattutto, sono una chiamata alla partecipazione. Perché chi ci governa oggi tenta di disincentivare il voto, di farci credere che non serva, che sia inutile. In questi giorni, diversi esponenti dei partiti di destra stanno apertamente invitando all’astensione, legittimandola come scelta possibile, quando la Costituzione, all’articolo 48, afferma chiaramente che l’esercizio del voto è un dovere civico. 

È un segnale pericoloso: l’atto più democratico che abbiamo viene messo in discussione proprio da chi dovrebbe tutelarlo. Se questo non è un gesto autoritario, allora cos'è?

Invece, è proprio attraverso il voto che possiamo difendere e conquistare diritti. E a chi pensa che “tanto non cambia nulla”, rispondo così: spera solo che i tuoi diritti non vengano tolti il giorno in cui deciderai di non difenderli.

Costruire un futuro giusto è possibile

Il nostro intervento non vuole essere solo una denuncia. È anche una proposta. Servono politiche attive per l’occupazione, investimenti nella formazione, servizi pubblici per la cura, interventi contro le discriminazioni, contro lo sfruttamento e per l’inclusione
Il lavoro stabile, sicuro e dignitoso deve tornare a essere un diritto universale, non un privilegio per pochi. Il voto dell’8-9 giugno è un primo passo. Non abbiate paura di farlo.

Nicoletta Torri