A 20 anni dal G8 di Genova


20 anni fa a Genova, durante le manifestazioni in concomitanza con la riunione del G8, le forze dell'ordine uccisero un ragazzo, Carlo Giuliani, e produssero «la più grave violazione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale» (Amnesty International). Per ricordare quegli eventi, le premesse e gli esiti, pubblichiamo una piccola selezione di tre articoli, dal nostro archivio.

  

G8: UN PO DI VALCAMONICA A GENOVA

(Da Graffiti n. 96, luglio 2001)

di Francesco Ferrati

Mai come in questo periodo la nostra Valle e la città di Genova si trovano ad essere così vicine: il 22 luglio, infatti, a manifestare contro il G8 ci saranno anche alcuni “pellegrini” camuni, che non perderanno l’occasione per esprimere il loro dissenso nei confronti delle scelte politiche ed economiche imposte al mondo intero dagli stati più ricchi. Per porre un freno alla distruzione ambientale, per cercare di diminuire il divario Nord-Sud, per cancellare realmente il debito ai paesi in via di sviluppo, per eliminare lo sfruttamento di manodopera sottopagata e per contrastare la violenza consapevole innescata dal processo di globalizzazione è indispensabile essere nel capoluogo ligure e lì, nel grande corteo pacifico che attraverserà Genova città aperta, ribadire la propria alternativa possibile all’arroganza dei governi G8. Chi cercando di infrangere la “zona rossa” (piaccia o no, è così che è nato il movimento in quel di Seattle), chi semplicemente accodandosi alla manifestazione, tutti devono potersi esprimere su questioni che sono alla base della vita democratica. La demonizzazione messa in atto dai mass-media nei confronti del cosiddetto “popolo di Seattle” non può e non deve scoraggiare coloro che sperano in un mondo migliore: la presunta violenza su cui si soffermano spesso Tv e giornali non può essere per nulla paragonata a quella che scaturisce dai meccanismi perversi del mercato globale. Per iniziativa dell’Associazione “Tapioca per il commercio equo e solidale”, che da tempo si propone di sensibilizzare sui temi della globalizzazione, si è costituito un gruppo di lavoro composto da varie anime dell’associazionismo e del mondo politico, con lo scopo di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica e, perché no?, organizzarsi in pullman per raggiungere Genova. Ps: Per ulteriori informazioni, rivolgersi direttamente alla Bottega Tapioca, in via cappellini 16 a Darfo (Telefax 0364.536237).

 

DOPO GENOVA, OVVERO: LA CASALINGA DI SEATTLE

(da Graffiti n. 100, dicembre 2001)

di Monica Andreucci

Sia detto col massimo rispetto per le vittime e per l’entusiasmo di chi ci è andato convinto: però, per quelli che sono rimasti a casa, quel ch’è successo a Genova ha finito per essere un bel lavaggio di coscienza. Con tutta la sua gravità, infatti, “G8 e dintorni” cosa ha cambiato nell’andazzo generale? Chi, cittadino consapevole del pianeta, ha ripensato un p’ il suo stile di vita, o si è sentito stimolato a capirci di più? Qui sta il punto. Chi “c’era”, in teoria avrebbe dovuto rappresentare coloro che la pensano come lui/lei, in una sorta di democrazia non elettiva. La punta di un iceberg, una forza... Invece ognuno testimoniava sé stesso, senza appoggio ideale (altro che la preoccupazione per l’incolumità fisica). Il popolo di Seattle, tanto convinto nella sostanza quanto troppo variegato nei modi, così com’è non serve molto alla causa: perché è nobile, per esempio, chiedere l’azzeramento debitorio, però si finisce col trascurare il fatto che, così, più che aiutare i poveri si favoriscono gli armieri (principali fornitori del Terzo Mondo con le nostre carità). E pur se generalmente informati, responsabili e pacificamente agguerriti sono gli antiglobal, altrettanto indefiniti, pronti a tutto ed ignoranti sono i “grandi fratelli” mondiali. Che poi, in realtà, è mera comodità politica il presumere di poter individuare dei cattivoni contro cui prendersela. Di fatto, se chi si oppone è appunto un “chi” (tanti singoli, tante persone), la controparte non ha faccia: è una “cosa”. Pappa indistinta, enorme blob (quello cinematografico) che pervade e si espande rispettando leggi... divine. Certamente, quelle del dio Denaro. Come si combatte, allora, un nemico invisibile? E tanto subdolo, affascinante, irresistibile eccetera? I fatti hanno dimostrato che metodi sessantotteschi e occasionali servono a poco, anzi... meglio la pirateria informatica, ma è un pericolosissimo boomerang. Occorrono strategie efficaci, costanti, semplicissime (sì da poter essere applicate da chiunque, comunque e dovunque). Qualcosa che “colpisca” nel profondo, come i soldi stessi, insomma. Il cibo, allora! L’esigenza primaria, ancestrale... Se dentro al carrello della spesa si mettesse più consapevolezza, senza pensare solo al borsellino, alla lunga sai che colpo agli interessi speculatori?! Potrebbe assai più la casalinga “qualsiasi” piuttosto che il sacrificio (alto, ma fine a sé stesso) di più o meno illustri testimoni nella piazza dell’opposizione globale. Basta leggere le etichette per accorgersi che i prodotti più economici vengono da posti incredibili... Così non miglioriamo la situazione ambientale, facendo guadagnare pure al sistema del trasporto merci (che non è l’amico camionista). Chi è “no-global” sa di far parte – contemporaneamente vittima e carnefice – di un sistema assai complesso. Non c’è bisogno di rinnegare il consumismo, però un po’ di attenzione (insomma, spendere meglio piuttosto che spendere di più, con una leggera riduzione della quantità) distribuisce benessere... Agnoletto, quindi, vai a fare la spesa!

 

Ritorno in piazza

(Da Graffiti n. 166, dicembre 2007)

di Pier Luigi Fanetti

Secondo Amnesty International, con le cariche nelle piazze e nelle strade, i pestaggi alla scuola Diaz e le torture nella caserma di Bolzaneto, nel luglio 2001 a Genova, fu messa in atto «la più grave violazione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale». Infatti, è scritto nella Costituzione italiana che «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi» (art. 17/1) e che «È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà» (art. 13/4). Perciò, sabato 17 novembre, rispondendo all’invito della Comunità di San Benedetto al Porto, ho preso il treno per andare nella città ligure a manifestare in sostegno delle libertà civili e della domanda di verità e giustizia sulla repressione delle trecentomila persone che parteciparono alla mobilitazione contro i “padroni del mondo” del G8. Mi sono mescolato ai cinquantamila del corteo che era aperto dallo striscione “La Storia siamo noi” con cui i promotori hanno voluto ricordare un evento storico di «straordinaria potenza e di innovazione delle forme di partecipazione politica». Così, in pace ma con qualche brivido, ho ripercorso alcuni dei luoghi dove, sei anni fa, avvennero le violenze di squadristi in divisa e l’uccisione di Carlo Giuliani legittimate dal governo di allora. Che farà l’attuale?