Lavoratori camuni, organizziamoci!


 Secondo l’Osservatorio sindacale della CGIL Vallecamonica-Sebino, nel corso  del 2020 la Valle Camonica ha «perso» 2.577 lavoratori: questa è la differenza tra il numero di avviati al lavoro presso il centro per l’impiego di Breno tra il 2019 e il 2020, con un calo del 19,3%.
In tutta la provincia di Brescia, delle 168.188 persone avviate al lavoro, solo 42.155 (il 25%) hanno attivato dei contratti di tipo «permanente» (tempo indeterminato o apprendistato). Tre nuovi contratti su quattro sono stati invece forme di lavoro flessibile.
Il territorio camuno soffre di problemi antichi: l’emigrazione, soprattutto dei lavoratori giovani e più preparati, la presenza di industrie a forte impatto ambientale, come quelle siderurgiche, la crisi dell’agricoltura, tra gli altri.
A tutto questo, il recente passato ha aggiunto altre difficoltà. Il turismo, che per alcune aree della valle è stato il settore sicuramente di punta, dovrà probabilmente essere ripensato, del tutto o in parte, nel periodo di uscita dalla pandemia. La digitalizzazione del lavoro e della scuola hanno messo in evidenza le carenze della infrastruttura su cui passano i nostri dati. Alcuni investimenti recenti (si veda il «famigerato» capannone di Ono S. Pietro) ci mostrano come un territorio di facile colonizzazione da parte della nuova economia fatta di logistica e sfruttamento.
Naturalmente ci sono anche aspetti di speranza, nel guardare al futuro del lavoro e dei lavoratori in valle. «Nuovi montanari», immigrati da altre zone d’Italia, o del mondo, vengono a creare le loro imprese o a far crescere le loro famiglie sul nostro territorio. Alcune esperienze di recupero di colture o prodotti tradizionali (la segale, ad esempio) sembrano avere avuto successo e avere creato piccole catene di valore.
Ora attendiamo tutti in grazia «i soldi del recovery», ovvero (temo) le briciole dei miliardi europei che saranno lasciate al nostro territorio montano. 

Sarà importante nei prossimi anni che i lavoratori accrescano la propria capacità di organizzarsi: nel sindacato, o anche nelle cooperative (lo dico da socio di una di queste). Questo dovrà permettere a chi lavora di fare propria l’impresa, di non svendere i suoi diritti per conservare o per ottenere un posto di lavoro, di ottenere soddisfazione e crescita personale da questa attività così fondamentale.
L’augurio, per le lavoratrici ed i lavoratori, è che si possa riuscire insieme a difendere i nostri diritti, e a combattere nuove battaglie per rivendicarne altri, maggiori. La Repubblica «fondata sul lavoro» deve ancora realizzarsi: c’è ampio spazio di crescita.
Buon Primo Maggio! 

 

Ivan Faiferri