Christo e The Floating Piers: popolare o populista?

È morto nei giorni scorsi, a 84 anni, Christo, l'artista "che ha impacchettato il mondo". Per ricordarlo e ricordare - quattro anni dopo - la sua The Floating Piers sul Lago d'Iseo, rileggiamo la conversazione tra il nostro Stefano Malosso e il prof. Giorgio Azzoni, pubblicata sul numero 261 di Graffiti (Agosto 2016). In quell'occasione anche la copertina del nostro giornale si era tinta di giallo...


Raramente era capitato di sentir parlare di arte e di artisti dentro i bar delle piazze della Valle Camonica. Di sicuro, mai era accaduto che ciò avvenisse con tanta veemenza, fra una briscola e un bianco, con i toni accesi che sono solitamente riservati al calcio, o alle belle donne. Il miracolo di Christo è stato anche questo, l'apertura su campo popolare dell'arte e delle sue dinamiche. Terminata la confusione dei giorni caldi, cerco di mettere ordine ai pensieri che sono ruotati attorno all'opera, e lo voglio fare con Giorgio Azzoni, responsabile dei progetti artistici del Distretto Culturale di Valle Camonica e docente di Storia dell’arte Moderna all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia.

Professor Azzoni, vorrei anzitutto tagliare la testa al toro con la grande domanda che in molti si sono posti: la passerella di Christo è un'opera d'arte o no?
L’operazione è artistica e ha valore. A mio parere, l’installazione in sé è molto bella per disegno, geometria e relazioni con gli spazi pubblici dei paesi, con il lago e le sue montagne. Si tratta di un’installazione ambientale che, per il suo carattere strutturale e urbanistico, ha forse interessato più gli architetti che gli appassionati d’arte in senso stretto. Bisogna comunque aggiungere che ha assunto una portata talmente grande da relegare in secondo piano la formalizzazione artistica.
Per realizzare un’installazione così grandiosa e costosa è stata attivata un’operazione economica che ha valorizzato luoghi (l’isoletta privata, soprattutto), le opere di Christo già collocate o da immettere sul mercato (in particolare i suoi disegni di questo progetto), il collezionismo e i suoi operatori, il brand dell’artista e del suo staff, sino alle aziende e al sistema di gestione turistica locale.

A dire il vero mi pare che la critica sia stata piuttosto dura con l'opera. Cito Philippe Daverio: «La passerella è un’attrazione, un’alternativa alle sagre di paese, quelle con la tenda e l’attrazione della donna cannone. È un fenomeno da fiera dei miracoli».
Pochi osservatori si sono soffermati sull’aspetto estetico e sul significato artistico che, a mio parere, mostra qualche debolezza. Ad una mia domanda sul rapporto tra l’opera e il paesaggio, Christo ha risposto in modo palesemente evasivo, ritenendo forse che il grande gesto del fare non debba necessariamente presupporre un pensiero preciso, ma possa motivarsi nell’evidenza della realizzazione.
Mi sembra che The Floating Piers non sia stata, pienamente, un’opera di Land Art. Se l’arte esprime valori culturali profondi ed è forma poetica del disvelamento che “rende visibile il non visibile” (Paul Klee) in quanto messa in opera della verità, The Floating Piers non è stata propriamente un’opera d’arte ma un’operazione d’ispirazione artistica che ha suscitato una partecipazione (anche se indotta) impressionante.

Ho assistito più volte agli incontri dell'artista bulgaro con la popolazione dei paesi coinvolti. Si tratta veramente di un'opera "popolare" come l'ha spiegata? O le immagini delle chiusure straordinarie per il vip di turno hanno finito col ledere questa iniziale lettura?
Un’opera popolare, senza dubbio: i numeri e la tipologia eterogenea dei visitatori lo dimostrano. Aggiungerei, inoltre, che alcune dichiarazioni di Christo hanno assunto toni definibili come populisti, come quando ha invitato i visitatori a tuffarsi e sdraiarsi al sole, avallando comportamenti più consoni ad una spiaggia che ad una passeggiata flottante che richiede atteggiamenti disciplinati. Ritengo che un’operazione pienamente artistica debba trasmettere valori positivi e indurre comportamenti riflessivi, responsabili e di valenza sociale; se lo spettatore vive l’opera compiacendosi di sé in modo acritico essa fallisce il suo obiettivo culturale, diventando semplice intrattenimento, anche se di livello.

Da anni il Distretto Culturale fa promozione del territorio, anche attraverso una manifestazione come aperto_ che mette in dialogo artista e paesaggio. Vede un nesso fra l'esperienza del Distretto e quella di Christo?
Siamo su piani completamente diversi. Le opere di aperto_ (che è giunta quest’anno alla settima edizione) agiscono senza clamore inserendosi in modo discreto nel paesaggio e nelle comunità. Gli artisti abitano alcune settimane in Valle Camonica per conoscere i luoghi, cogliendo stimoli e suggestioni dal territorio e dalle persone, mai importando progetti artistici preconfezionati e ideati per altri luoghi. Christo, invece, ha calato sul lago d’Iseo un’idea che rincorreva ostinatamente da decenni cercando il luogo e il tempo giusto per realizzarla. Al centro è quindi l’artista con la sua libertà di realizzare un evento quasi impossibile: affermando «i miei progetti sono autofinanziati ed espressione di una libertà assoluta» egli  esprime, indirettamente, la potenza del denaro e del sistema mediatico che lo sostiene.

Rimbalzano sui quotidiani improbabili progetti di alcune amministrazioni che vorrebbero bissare goffamente la passerella in questo o quello specchio d'acqua. Cosa rimane, a un mese dalla chiusura di The Floating Piers, di questa esperienza?
Rimane la possibilità di riflettere su ciò che è possibile e ciò che è auspicabile. The Floating Piers è stato possibile grazie a una concordanza d’intenti tra artista, famiglia Beretta e mercato dell’arte che hanno coinvolto le realtà locali. Auspicabile è che non si ripeta un evento di tale dimensione, non sopportabile da questo territorio.
Spero che negli amministratori e nei soggetti attivi prevalga il buon gusto di non replicare in modo maldestro un’iniziativa che deve rimanere (anche per ragioni di ecologia ambientale) unica. Anche se viviamo un tempo eccessivamente condizionato dall’ansia da prestazione e dalla dimensione performativa, mi auguro prevalga la scelta di favorire un turismo lento, responsabile e distribuito nel corso dell’anno, che possa fruire dell’albergo diffuso nelle abitazioni non occupate e che sia disponibile a vivere giorni di serenità, per tutti. Il lago d’Iseo ha certamente valorizzato l’opera di Christo, capiremo prossimamente se The Floating Piers saprà valorizzare, nel giusto modo, il lago d’Iseo.

(fotografie di Alessio Domenighini)