Dalla Cina con brivido: la nostra vita al tempo del Covid-19

Prendo spunto da uno dei primi film di 007, Dalla Russia con amore, anche se qui di amore non c'è traccia e nemmeno della Russia. Ma dalla Cina viene il nostro agente. Da Wuhan o da un altro posto, non ha importanza.
Mia moglie ed io siamo stati tra quelli che l'hanno incontrato, senza sapere né come né da chi. Nessuna delle persone che frequentiamo abitualmente ha preso il Covid-19, perché di questo parliamo.
Vorrei qui farvi la cronaca di tutti gli intricati passaggi per arrivare alla temporanea immunità, sperando che, come dice il prof. Ranieri Guerra dell'OMS, duri almeno un po', quei due/tre anni intanto che dovrebbe arrivare il vaccino.

Caty
Breno. Agli inizi di marzo mia moglie comincia ad avere mal di ossa e di quasi tutti i muscoli. Poi dopo pochi giorni arriva il mal di testa.
Telefonata al dottore: antinfiammatorio.
La sequenza porta rapidamente alla diarrea: antidiarroico.
Fa fatica a respirare.
Infine la febbre per diversi giorni fino a superare i 39°: tachipirina.
Assistenza personale e quotidiana di suo fratello medico che ci invita a non sottovalutare la situazione che diventa ogni giorno più grave.
Allora chiamo i numeri dell'emergenza che ci hanno indicato giornali e telegiornali.
Al 1500 inventato dalla Regione Lombardia è impossibile trovare la linea. D'altronde è il momento della piena esplosione tra Lodi e la Val Seriana. Impensabile dare un numero solo.
Chiamo il numero dell'ATS e finalmente mi risponde: qui Sondrio, deve chiamare un altro numero, quello dell'ASST, cioè la Valcamonica.
ASST Valcamonica risponde da un ufficio e quindi nessuna competenza per la cura: chiami il 112.
Chiamo il 112. Arrivano in poco tempo. Sembrano astronauti. Sono dei volontari. Provano febbre e saturazione. Telefonano in ospedale. Probabilmente in pronto soccorso c'è la fila, penso io dopo aver riflettuto in questi giorni. Non è necessario il ricovero, senta il suo medico di famiglia. E se ne vanno.
Lei continua ad avere febbre e saturazione dell'ossigeno sotto i 90 (ci siamo procurati un saturimetro da un amico farmacista).
Il medico di base a questo punto, anche lui barricato in studio, mi fa la ricetta per una radiografia al torace in via d'urgenza. Telefono al CUP ed ottengo rapidamente una lastra per il giorno dopo.
Mia moglie quasi non riesce a salire le scale dall'accettazione al primo piano. La devo trascinare. Fa fatica a respirare.
Il medico di radiologia stenta a produrre il risultato. Non è un buon segno. Dopo quasi mezz'ora esce e dice: lei vada in pronto soccorso per polmonite bilaterale, abbiamo già avvertito. Noi abbiamo avvertito solo un brivido lungo la schiena.
Aspetto cinque ore fuori dal pronto soccorso, fuori perché non si può stare nemmeno nella sala d'attesa. Mia moglie, dopo diverse analisi e TAC ed in numerosa compagnia, viene inviata in Medicina due. In ospedale non esistono più i reparti, solo Medicina e pochi altri posti letto per le cure essenziali ed urgenti, come l'Oncologia.
Otto giorni di terapia in reparto con ossigeno nel naso e flebo attaccata per i primi due giorni. Poi antivirali ed antibiotici. Io nel frattempo resto chiuso in casa in quarantena. Otto giorni e poi via a casa senza cura, evidentemente avevano già effettuato la terapia in degenza. Senza febbre né tosse. Tanta, infinita stanchezza. È come se ti fosse passato sopra un treno.

Guido 
Tre giorni di pausa ed io sto male. Suo fratello insiste perché si proceda con più celerità, visto quanto era già accaduto.
Mia moglie chiama di nuovo il 112. Loro arrivano ma fanno del terrorismo psicologico perché non ci sono i presupposti per un ricovero. Già scottati alla prima volta, mia moglie insiste e poi insiste. Fanno la solita chiamata in pronto soccorso e stavolta arriva l'ok. Non so chi sia, forse la Protezione Civile, forse il 118, intontito come sono non ho ricordi precisi.
La memoria di quegli eventi resta per tutti un po' labile. È uno dei tanti effetti collaterali che ti lascia in ricordo il microscopico compagno di questi giorni.
Pronto soccorso, sempre intasato, TAC, polmonite bilaterale, più leggera di quella di mia moglie, dopo cinque ore di attesa, ricovero in Medicina tre.
Due giorni intensi. Quattro flebo contemporaneamente ed alcune pastiglie.

Dottori, infermieri, volontari: grazie
Il personale medico ed infermieristico è eccezionale, vengono continuamente a controllare. Non so chi è l'uno o l'altro perché vedo solo gli occhi dietro gli occhiali e dentro tute indistinguibili. Sempre di corsa. Siamo in tanti e ne continuano ad arrivare.
Siamo alla seconda metà di marzo. Mia moglie esce verso il venti ed io entro ed esco pochi giorni dopo.
All'inizio del pomeriggio, mia grande sorpresa, mi avvertono che mi mandano a casa con terapia per bocca. Terapia pesante: ore otto, dodici, venti e ventiquattro. Per dieci giorni.
Mia figlia conosce un volontario della Croce Rossa di Breno e vengono a prendermi in pronto soccorso. I volontari, che grazia di Dio.
Il giorno dopo la mia uscita devo rientrare, come programmato, per un controllo in pronto soccorso.
I ragazzi della Croce Rossa mi vengono a prendere e mi aspettano due ore per riportarmi a casa. Che grazia di Dio.
A casa in quarantena in due stanze diverse, in due bagni diversi, in due tavoli diversi, distanziati e con mascherina.
Fortunatamente ce lo possiamo permettere, utilizzando la camera di mia figlia che ha una sua famiglia da tanti anni.
Andiamo avanti così per una quindicina di giorni.
I medici che ogni tanto ci interpellano per sapere del nostro percorso sanitario a domicilio probabilmente sono i medici pensionati che si sono dichiarati disponibili per questo servizio. Li si riconosce dalla voce. Fa sempre piacere sentirli, almeno sai che non ti hanno lasciato solo alle tue cure.
Anche voci femminili dall'ASST chiedono ogni tanto della nostra salute. Non so chi siano, dicono solo: siamo dell'ASST della Valcamonica.
Il nostro sindaco passa più volte a trovarci, a distanza di balcone. Ci porta mascherine e persino una colomba. A Breno il servizio a domicilio per cibo e farmaci funziona perfettamente. Comune e Pro Loco si sono organizzati egregiamente e lodevolmente. Tanti ragazzi, tanta gioventù al lavoro da volontari, bella realtà.

Tra stanchezza, timore e responsabilità
E finalmente la chiamata per i tamponi. Uno dopo l'altro, per entrambi negativi. E si torna a vivere con più serenità.
Resta sempre il timore per i nostri famigliari ed anche per gli amici che quotidianamente si danno il cambio per chiamarci. Tantissima amicizia e affetto. Non hanno mancato un giorno, non ci hanno mai abbandonati.
L'amicizia!
Si vive reclusi in casa, come tutti. Ci si adegua, come tutti.
Pulizia della casa, libri da leggere, film, riposo, un po' di sole e di aria, ginnastica tutti i giorni e tanti pensieri proiettati al futuro.
Un po' di stanchezza rimane, un po' di piccoli brividi che ti ricordano il compagno dormiente che c'è in te. Rimani sempre in allerta perché abbiamo avuto paura di perderci. Abbiamo provato sensazioni mai sentite. Abbiamo condiviso dolori e speranze.
Pensiamo spesso a conoscenti che invece non ce l'hanno fatta, gente con cui abbiamo condiviso un pezzo di vita.
Aspettiamo la liberazione, ma sappiamo che dovrà essere con prudenza, responsabilità e coscienza per pericolo di una generale ricaduta.
Grazie a tutti.

Guido e Caty Cenini 

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