Montagne insostenibili: quando il progresso si misura in cemento

 Una versione ridotta di questo articolo è pubblicata sul numero 324 di Graffiti.

La Sala '89 è gremita di persone, quando ci entro. Sento un piccolo brivido, come fossi un agente in incognito: io, impenitente tesserato PD, nel mezzo della sinistra alternativa camuna. La pecora nera nel gregge, o meglio il pesce "rosa tenue" in mezzo al banco dei pesci rossi.  L'occasione merita:  è l'8 febbraio 2024 e a Darfo Boario Terme la Casa delle Associazioni ospita una serata dal titolo "Montagne Insostenibili", dedicata  alle infrastrutture in montagna, organizzata dal Collettivo 5.37 (quello formato da lavoratori e lavoratrici della cultura in Valle Camonica) e dalla Unione sportiva Stella Rossa, con la partecipazione di molte altre realtà camune.


Uno sviluppo deciso dalla città
Introduce il moderatore Alessandro Bono di Radio Onda d'Urto, con un discorso che sottolinea la necessità che lo sviluppo della montagna venga pensato da chi vive in montagna, e che non siano i centri decisionali della città a progettare cosa serve ai territori "periferici", come il nostro. Le future olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 saranno  l'ennesima occasione per una tornata di investimenti insensati? Le avvisaglie ci sono, dice Bono, accennando alla famigerata pista da bob di Cortina, ma anche al progetto di funivie e rifugio in alta quota del Monte Tonale Occidentale, a Ponte di Legno. Opere dispendiose e ormai anche anacronistiche, col cambiamento climatico che alza le temperature.
Dopo questa breve prolusione, parte la raffica degli interventi. È una serata "a microfono aperto", dunque parla chi vuole. Il ritmo è buono e il moderatore fa in modo che chi parla non si dilunghi troppo. 

La lunga strada per Brescia
Rompe il ghiaccio Elena Tomera, che parla delle difficoltà del popolo pendolari: un popolo invisibile perché, per chi li guarda dai binari, "i treni sono vuoti", mentre chi li frequenta tutti i giorni vede carrozze affollate e posti a sedere sempre esauriti. La mobilità è più difficile, per la gente di montagna. "Andiamo in città perché lì c'è il  lavoro", dice la relatrice "e anche questo fa parte della visione centralistica da parte della città. Ma non siamo nemmeno facilitati ad accedere alla città". L'esasperazione dei pendolari oggi è anche maggiore, perché il viaggio da Breno a Brescia dura più di 2 ore.
Si parla poi della passerella di Capo di Lago: il ricorso al TAR non ha bloccato i lavori, il Consiglio di stato valuterà la causa il 5 marzo, ma nel frattempo, proprio in quella giornata sono iniziati i lavori.
Valerio Moncini interviene con un antico rovello per la media valle: quanti pullman arrivano alle incisioni? Un tempo era stato fatto anche l'ostello, che oggi è un ristorante. Si è investito, si pensava ad un turismo scolastico, oggi il risultato è nulla. "Ci sarà un assessorato alla cultura in Comunità montana?", chiede provocatoriamente alla fine.
Un signore di Castegnato, che vive a Corteno Golgi (e di cui non registro il nome), propone di creare un progetto, con il coordinamento di UniMont, per il recupero del territorio agricolo della montagna. 
Interviene anche una cittadina di Iseo, Emanuela Taddei, che parla della costruenda centrale di produzione dell'idrogeno (che non sarà idrogeno "verde", ma verrà derivato dagli idrocarburi) e vuole creare un comitato per opporsi.

La battaglia per la neve (e per l'acqua)
Matteo Lanciani racconta la sua esperienza di gestore del bar all'interno della stazione di Provaglio. Lega la  battaglia per il Lago Bianco (dove il Comune di Valfurva vuole utilizzare il piccolo lago alpino come bacino per l'innevamento artificiale)  al discorso del treno. "Sono stato invitato al consiglio regionale per partecipare al question time dove per l'ennesima volta la regione veniva sollecitata a dare risposte... Ma più andiamo avanti più si nota uno scollamento tra la politica e le persone. Lo Stato", conclude sconsolato, "non interviene e anzi ti fa capire che non dovresti metter becco nella situazione".
Marcello Duranti di MTO 2694, ricorda in breve il progetto delle nuove cabinovie a Ponte di Legno. Una opera che giudica anacronistica e ora con una utilità dimezzata perché gli enti del Trentino hanno rinunciato a fare la loro parte di lavori. Con un bilancio previsto di quasi 100 milioni di euro, rischia di essere uno dei più grandi fallimenti della politica camuna.
Leonida Magnolini  racconta una storia di successo: con una battaglia durata quasi 10 anni, il Comitato amici del torrente Grigna (di cui lui è portavoce) è riuscito ad ottenere dagli impianti idroelettrici il rispetto del "deflusso minimo vitale", ovvero di una quantità di acqua di almeno 450 l/s. "Se salveremo il nostro ambiente e territorio, è perché nascono i comitati", esclama ad un certo punto, lodando l'azione dei gruppi dal basso, "Con l'aiuto delle istituzioni... non si va da nessuna parte".

Ecologia e lavoro: bisogna tenerli insieme
Giampaolo Scalvinoni commenta il documento unico programmatico che delinea le linee di bilancio della Comunità montana: "l'idea che i politici hanno di sviluppo e di cultura", sintetizza, "è data dal fatto che il capitolo sulla cultura prevede aiuti al turismo, ma non parla di cultura".
Intervengono poi Sandro Peli, dipendente "esternalizzato" del parco di Naquane, ed Elisa, del Collettivo 5.37, che  riassume le difficoltà di  chi lavora nel settore cultura, a cui vengono proposti contratti da € 5,37 lordi l'ora, importo che nel caso delle ditte che operano per i parchi archeologici ed i musei statali della Valle, è stato portato ad € 6,25 lordi/ora dopo una lunga battaglia. "Quando sento parlare di questi progetti, per me è importante introdurre tema del lavoro. Si parla molto di ricchezza e benessere che dovrebbero portare questi progetti. Ma quale è il traguardo che si raggiunge? Non sappiamo quando saranno i turni tra 2 mesi, non sappiamo se tra un anno lavoreremo. Cosa succede di queste grandi opere per chi resta? A inaugurare sono capaci tutti, ma a mantenerle? È importante", conclude, "che non si lasci indietro niente: tutti questi progetti sono collegati. Il benessere delle persone, i posti di lavoro, la tutela ambiente vanno tenute insieme. Dobbiamo provare a immaginare un'alternativa che non si occupi più di considerare come ideale solo l'economia" conclude.
L'unica rappresentante delle istituzioni che parla (e probabilmetne l'unica presente in sala) è Marzia Romano, la sindaca di Cerveno: racconta la fatica delle nostre sindache e dei nostri sindaci a dialogare con chi "è al di sopra": la politica alta è sempre più distante, non c'è rispetto istituzionale per chi rappresenta il suo paese. Non bisogna scoraggiarsi, conclude. 
"Faccio parte del direttivo del biodistretto: inizialmente era "rifiutato" dalla Comunità montana. Adesso il discorso sta cambiando e, grazie a varie congiunture, ora anche la Regione sta coinvolgendo i biodistretti nel progettare la normativa".
Per Beppe Ascrizzi il problema è anche che le istituzioni si stanno portando via le parole. Fa l'esempio del concetto di "green", che è "nato quando il capitalismo ha capito che con l'ambientalismo ci si poteva guadagnare".
Ad Alessandro Bono spettano le conclusioni.  
"Ci siamo trovati, abbiamo dato dimostrazione che c'è una comunità che ha interesse e resiste", dice, e annuncia la prosecuzione della mobilitazione, con varie modalità. "L'importante", dice alla fine, "è non annoiarsi: perché la battaglia politica richiede tutta la nostr apassione e il nostro impegno".

Impressioni finali
Mentre la sala si svuota il morale è effettivamente alto tra chi ha partecipato.
La serata è stata ricca di spunti, e solo raramente si è fatto notare quello che si miei occhi sembra un certo qualunquismo che fa dire "NO" a qualsiasi intervento - anche la galleria sotto Mu, che permetterebbe di evitare la strettoia di Edolo, viene contestata: forse nessuno in sala ha mai visto un'ambulanza che deve raggiungere l'ospedale dall'Alta Valle in un giorno di rientri... 
Anche l'idea del "Comitato dei Comitati", che dovrebbe raggruppare incondizionatamente tutte le battaglie, è probabilmente più bella sulla carta che nella realtà - perché ogni battaglia ha la sua storia, i suoi obiettivi ed è strettamente legata al suo territorio. 
Rimane però forte l'impressione che, come dice il moderatore in conclusione, "c'è una comunità che ha interesse e resiste", e che rispetto ai tanti interventi progettati o finanziati dai piani alti di Palazzo Lombardia ci sia la consapevolezza, da parte di molte e molti abitanti della valle, che l'alternativa esista e che le decisioni possano essere prese sul territorio, invece che subite. 

Ivan Faiferri