Sabato 11 novembre è stato presentato a Capo di Ponte il “Progetto Imago”, ovvero, come scrivono le agenzie stampa “il programma di valorizzazione della Valle Camonica: un sistema che unisce tutta la Comunità nel processo di trasformazione dell’identità della Valle da concept a brand”.
Per una atavica spocchia (tutti abbiamo dei difetti), il mio cervello si mette in allerta quando incontra certe parole. Una di queste è “brand”: come il mulo di Clint Eastwood in “Per un Pugno di Dollari” (a cui non piacevano le risate perché aveva paura che si ridesse di lui), quando sento “brand” mi sembra sempre che qualcuno voglia prendermi per i fondelli.
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Anche lui non vede l'ora di cambiare il concept in brand |
Nello specifico, si prevede di costruire due edifici, “l’Experience Centre di Ceto e l’Experience Lab di Capo di Ponte” (ah, sì, anche experience è un po’ come brand) che insieme ad un nuovo sistema di segnaletica e ad un festival culturale dovrebbero servire a far conoscere la valle a livello nazionale e internazionale, aumentando le visite ai parchi archeologici della media Valle Camonica.
Eh sì, il punto sembra essere questo: abbiamo un tesoro che nessuno viene a vedere. O no?
Se andiamo noi a vedere, non i parchi archeologici, ma i dati sui siti culturali statali pubblicati dal ministero (aggiornati ahimé solo al 2021), scopriamo però che il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Capo di Ponte, con 19.872 visite, è il sesto sito culturale della Lombardia.
Meglio fanno solo Cenacolo Vinciano, Pinacoteca di Brera, Palazzo Ducale di Mantova, Grotte di Catullo e Castello Scaligero di Sirmione, tutti ampiamente sopra le 100.000 presenze.
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Anche se sommassimo i valori di tutti i siti statali della Valle - quindi, oltre a Naquane, i musei archeologici di Capo di Ponte e Cividate, il Parco dei Massi di Cemmo, l’area archeologica di Cividate e il santuario della Minerva di Breno - arriveremmo a 37.055 presenze.
In realtà, se stiamo al numero, le 19 mila unità di Naquane superano siti altrettanto se non più blasonati come il Museo Archeologico e la Necropoli etrusca di Tarquinia, o la Basilica di Aquileia, arrivando poco sotto alla Galleria Estense di Modena o alla Galleria Spada di Roma.
È realistico pensare che crescano ancora? Perché no: se guardiamo ai tempi “pre pandemia” (anno 2019), la sola Naquane superava ampiamente le 51.000 visite all’anno. Sicuramente l’aumento di fruizione del patrimonio culturale è un beneficio per la società, ma cosa otterrebbe il territorio?
Per calcolare cosa ci guadagnerebbero le attività locali da un eventuale aumento di turisti, si possono prendere i numeri da un altro studio, quello pubblicato nel 2022 dalla DMO di Valle Camonica, il consorzio con sede a Darfo Boario Terme costituito nel 2018 con l’obiettivo di “promozione di tutte le iniziative che possano contribuire allo sviluppo turistico della Valle Camonica e dei territori confinanti”.
Nel suo Report Turistico 2021, il consorzio riportava i dati sugli arrivi turistici in Valle (dove con “turista” si intende chi spende almeno una notte in una struttura alberghiera o extra alberghiera). Mentre per l’area di Ponte di Legno, “regina” del turismo camuno, si parla di 103.324 arrivi nel 2019, a Capo di Ponte e dintorni si fermano 5.126 persone, circa 1/10 delle visite ricevute dal parco di Naquane. Come valutiamo questo risultato?
Non benissimo: nel 2020, con 13.643 arrivi al parco archeologico, le persone pernottanti a Capo di Ponte diventano 871, cioè il 6%: ma nello stesso anno, Sirmione registra 57.539 visite al Castello Scaligero, con 172.317 arrivi turistici.
Qual è il punto? Lo si vede da un altro grafico, “rubato” direttamente allo studio della DMO.
È la scoperta dell'acqua calda, naturalmente
I mesi “di picco” per le visite alle aree archeologiche della Valle
erano, nel 2019, quelli da marzo a giugno. E non è difficile capire
perché: dei 50.000 ingressi a Naquane, una parte preponderante (non ci
sono dati per dire quanta parte) è costituita da alunne e alunni della
scuola primaria, che vengono in gita a vedere “i pitoti”.
Si tratta, chiunque lo sa, di una presenza che non si ferma sul territorio, ma anzi, scende dal pullman, visita il parco, mangia il suo panino e se ne va.
I due “hub”, e i “giganti buoni” che secondo la conferenza stampa di presentazione di Imago dovranno indicare la via a chi viene in visita ai parchi delle incisioni rupestri della Media Valle, cosa cambieranno in questa dinamica?
Il problema forse è un’incomprensione di fondo che sembra guidare la politica camuna riguardo al turismo.
Pensiamo di dover competere con le città d’arte, di essere, che so, una “Mantova delle Alpi”, mentre invece, più probabilmente, le persone che vengono a visitare la valle (che nei nostri dati conteggiamo come “arrivi turistici”, appunto) vedono in noi una valle di montagna.
E, secondo i dati dello studio del 2023 pubblicato dalla FAO e dalla UNWTO (L’Organizzione mondiale del turismo), chi sceglie la montagna per scopo turistico indica, nel 93% dei casi, “Fare camminate ed escursioni” tra le sue motivazioni (anno di rilevazione 2022). La visita al patrimonio culturale viene indicata nel 39% delle risposte (e non sappiamo se sia la prima causa o solo un’ulteriore motivazione rispetto ad altre prevalenti).
Ma se uno volesse fare una camminata in zona Capo di Ponte, dove va? Difficile trovare una cartina che glielo indichi.
Ben vengano dunque gli investimenti sul patrimonio culturale (ma “cum grano salis”, avrebbero detto gli antichi. Siamo sicuri che la soluzione a tutti i problemi sia, anche in questo caso, fare un impianto a fune?), ma se vogliamo potenziare il turismo in Valle Camonica possiamo guardare anche in altre, più semplici, direzioni. Certo, poi una volta che arrivano le persone, c’è anche il problema di dove metterle (da Cedegolo a Ono S. Pietro, Valsaviore compresa, ci sono 4 strutture alberghiere). Ma questa è un’altra storia…