Diario dalla valle rossa: Suona la sveglia

Si parte col suono della sveglia. Cerco di non fare rumore per non svegliare il bimbo che dorme. Preparo la moka sul fornello e corro a lavarmi in bagno. Il mio sorriso allo specchio è un po' stanco ma cerco di non darci troppo peso. Intanto sento un pigolio e un lamento. Il bimbo si è svegliato e con lui anche il suo papà, che in questi giorni ha deciso di rimanere a casa perché di cantieri è meglio non vederne troppi, di questi tempi.
Preparo il biberon, il mio compagno versa il caffè in due tazze e me ne porge una guardandomi e chiedendomi a che ora tornerò dal lavoro. Il suo tono è serio e poi aggiunge di ‘stare attenta'. 
Mi cambio, mando un bacio al bimbo, una carezza al mio compagno ed esco. Salgo in macchina e controllo di avere tutto in borsa: guanti, alcool, amuchina, mascherina, documenti. Manco dovessi operare seduta stante. Parto e la strada è deserta. Non si sente il brulichio del traffico mattutino che contraddistingue Breno alle 8 di mattina. Sento solo il ronzio del motore della mia macchina ed il clima è surreale.
Arrivata al lavoro, parcheggio e indosso il mio kit. Apro la porta dell'ufficio e da lontano saluto i miei colleghi. Poche parole, quasi dette con pudore, sotto la mascherina .Mi siedo alla mia postazione e pulisco scrivania e telefono. Controllo la mail, faccio delle chiamate, ultimo le consegne che mi sono state lasciate. Ai tempi del COVID-19 anche i minuti sembrano scorrere più lentamente e anche al lavoro c’è sempre una sottile e costante tensione nell'aria. Anche qui sono cambiate repentinamente abitudini consolidate nel tempo. Non c'è più il bel chiacchiericcio tra colleghi, il the scambiato a metà mattina, la battuta e lo scherzo, il riso. La serietà ha preso il sopravvento e con questa anche la necessità di rimanere chiusi ognuno nei propri uffici.
Quando esco, rimetto le protezioni ed arrivo alla macchina. Il percorso è breve, c’è il sole ed il paesaggio, seppur svuotato, è incantevole. La mia mascherina stona con la placidità dell'atmosfera, sembra tutto così sbagliato. 
Arrivo a casa e prima di entrare tolgo tutto, perché non voglio che il mio bimbo si spaventi, è troppo piccolo per dargli spiegazioni razionali e più grandi di lui. Mi detergo le mani, cerco il mio miglior sorriso ed entro. Un urlo animale echeggia dal salotto e un proiettile barcollante mi abbraccia le gambe. Mi si scalda il cuore ogni volta che questo accade e penso che, tutta questa trafila, tutte questi accorgimenti servono solo per lui. Per proteggerlo da qualcosa di invisibile, così pericoloso e sconvolgente. Penso al mio compagno, ai sacrifici che fa nel rimanere a casa, nel reinventarsi 'mammo' dalla sera alla mattina. Perché è difficile tenere un bimbo  così vivace contenuto in una casa così piccola e stretta. Ma lo si fa, come atto d'amore. E nonostante i giochi sparsi ovunque, i piatti da lavare e il pigiama ancora indossato: sono felice di essere a casa con loro. Sono giornate spossanti e frenetiche ma forse questa situazione può aiutarci a dare un nuovo spessore alle cose e a privilegiare quelle vere ed importanti. Quelle di cui non si può fare a meno e che si vuole proteggere ad ogni costo.
Francesca Cocchi