Trecento giorni per l’ecocolordoppler, 282 per un’ecografia alla mammella. La sanità è una lista d’attesa infinita

La sanità pubblica è appesa a un filo e i pazienti sono sospesi nello spazio bianco dell’attesa per accedere a visite ed esami strumentali. Mentre il culto della prevenzione si sta radicando tra i cittadini, più attenti soprattutto dopo la pandemia a non sottovalutare alcun sintomo e più inclini a rivolgersi ai propri medici, il tempo di attesa richiesto per sottoporsi a certi controlli è ancora lungo, se non infinito. Per un ecocolordoppler - tecnica diagnostica usata per studiare la circolazione sanguigna per prevenire ictus e infarto - si aspettano 327 giorni all’Ospedale di Edolo, con in mano un’impegnativa di tipo P, che richiede di effettuare l’esame entro 120 giorni. Lo rende noto Regione Lombardia, nel report di dicembre in cui dà contezza delle liste d’attesa, piaga della sanità e motivo per cui tra il 2019 e il 2021 le Regioni hanno ricevuto un miliardo di euro dal Governo per rafforzare e digitalizzare i sistemi di prenotazione e per integrare le liste d’attesa, tuttavia - anche a causa della pandemia – non ci sono stati grandi passi avanti.

Dodici persone davanti alla porta di un ospedale,
con una croce rossa sul muro, digital art (Dall-e 2)

A essere maggiormente in sofferenza è la cardiologia : la prima visita cardiologica all’ Ospedale di Esine , sempre con una priorità P, richiede un’attesa di 307 giorni, mentre per un elettrocardiogramma (ecg) se ne aspettano 196 . Certo, si tratta di una branca gettonatissima, con esami sempre più richiesti, soprattutto man mano che la popolazione invecchia progressivamente e probabilmente all’aumento della domanda non corrisponde un aumento della forza lavoro, tutt’altro vista la drammatica situazione del personale sanitario, sempre più all’osso. Eppure, dei tempi così dilatati non permettono di fare un’effettiva prevenzione. Dobbiamo infatti pensare che il medico di base che prescrive un egc, una prima visita o l’ecocolordoppler con una priorità di 120 giorni non sta temendo per la vita del proprio assistito ma, probabilmente, intende fare degli accertamenti “per scrupolo” e per permettere di arrivare ad una diagnosi precoce, se necessario. Ma se dal momento della prenotazione passa quasi un anno, dove sta la prevenzione?


Lo scenario non è dei migliori nemmeno per quanto riguarda altre altre prime visite, come quella gastrologica , per cui a Esine l’attesa è di 125 giorni , che arriva a 228 per quella dall’otorinolaringoiatra. Avere un primo parere medico sembra essere impossibile e, nonostante non siano prescrizioni urgenti, spesso chi ha davanti a sé la prospettiva di cento, duecento o trecento giorni non può far altro che rinunciare e rivolgersi a dei privati, magari pure agli stessi medici. I tempi lunghi di risposta del sistema sanitario pubblico sono diventati il primo motivo per non fare accertamenti che potrebbero portare alla diagnosi di una patologia e richiedere cure. A dirlo è l’Istat che ha rilevato come nel 2022 queste abbiano scavalcato i problemi economici nel tenere lontane le persone dagli specialisti. Ma per la politica spesso va tutto bene, perché le aziende sanitarie snocciolano numeri incoraggianti, dicono che si sta lentamente recuperando, che le liste d’attesa a poco a poco si riducono. Peccato che, da questa conta, restino fuori tutte quelle persone “in galleggiamento ”, ovvero quelle che hanno rinunciato alla visita o all’esame e, di conseguenza, sono state tolte dalla lista d’attesa ma non hanno ricevuto le cure necessarie.

I tempi sono lunghi anche per la colonscopia : con un’impegnativa che richiede di effettuare l’esame entro 60 giorni, l’attesa a Esine è di 90 . Per una risonanza magnetica alla colonna vertebrale, invece, si devono aspettare 72 giorni.

L’attesa è lunga anche per gli esami specialistici per la prevenzione contro il cancro al seno: una mammografia ha un tempo medio di 64 giorni, mentre per un’ecografia alla mammella ne servono ben 282. Quest’ultimo esame è fondamentale per la diagnosi precoce di tumori maligni, ma se una donna riesce ad effettuarlo nove mesi e mezzo dopo la prescrizione del medico, dove sta la precocità?

Dove sta, infine, il diritto di accesso alle cure mediche - sancito dalla Costituzione - se il Sistema Sanitario Nazionale annaspa e i soldi che il Governo gli destina sono sempre meno? Curarsi sta diventando sempre più un lusso , la salute un bene di pochi fortunati, considerando i tempi che corrono. Il ceto medio è sempre più fragile, solo e, a occhio e croce, anche malato.

Maria Ducoli