Sci e cambiamento climatico

Una sala gremita di pubblico non è una cosa che si vede tutti i giorni in Valle, a meno che non ci sia una degustazione gratuita di salumi e formaggi di qualità o di pà e strinú.
E poiché la serata di presentazione del libro “Inverno liquido – la crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa” (il 24/2 a Breno) tutto prometteva meno che fette di salame, il successo di pubblico è importante. Le fette di salame, si potrebbe dire, intendeva invece toglierle dagli occhi, poiché è ormai chiaro che, magari con piccole variazioni stagionali, la tendenza lineare e accelerata è quella di un riscaldamento globale e una crisi idrica che saranno una presenza costante nelle nostre vite, e quindi gli sport invernali dovranno tener conto di questa realtà ed evolvere. Il libro menzionato è una lunga inchiesta fatta da Maurizio Dematteis, che era presente a raccontarlo in sala, andando negli Appennini e sulle Alpi ed ascoltando gli operatori turistici, gli agricoltori, i sindaci. Maurizio ha riportato ai circa duecento presenti di Breno, la paura che ha raccolto tra gestori di impianti di risalita delle piste da sci, che ogni anno mettono più cannoni per sparare neve ed esorcizzare le sempre più ampie macchie di erba che spunta, ma che in fondo sanno bene che potranno riempire la montagna con l’innevamento artificiale, ma quelle smagliature continueranno ad aumentare.
Il cambiamento climatico in cui siamo immersi mette a nudo l’insostenibilità ambientale del modello di sport invernali, e in particolare dello sci da discesa, che per alcuni anni sembrava vincente: uno sport di massa e per tutti, dove paghi e pretendi, dove l’incertezza deve essere ridotta al minimo: neve sempre perfetta proprio perché artificiale (il gioco di parole si trasforma di una contraddizione: andare nella natura per pestare neve artificiale; lasciare il condominio di residenza nell’hinterland milanese per andare in un condominio all’Aprica). Lo stesso modello ‘industriale’, cioè da catena di montaggio standardizzata, che mette tutti sullo stesso piano (‘consumatori’ paganti di piacere) e che rimodella i luoghi rendendoli tutti uguali: i cosiddetti ‘non luoghi’ privi di personalità.

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Fotografia di Ivan Faiferri, Temù, 3/04/2023